giovedì
18 Aprile, 2024

COSTITUZIONI E STATUTI

DELLA CONGREGAZIONE

DELLA MISSIONE

PARTE PRIMA

LA VOCAZIONE

C 1. — Il fine della Congregazione della Missione è seguire Cristo che annuncia il Vangelo ai poveri. Questo fine si realizza quando i confratelli e le comunità, fedeli a san Vincenzo:

1° cercano con tutte le forze, di rivestirsi dello spirito di Cristo (RC I, 3), per raggiungere la perfezione conveniente alla loro vocazione (RC XII, 13);

2° attendono all’evangelizzazione dei poveri, soprattutto dei più abbandonati;

3° aiutano i chierici e i laici nella loro formazione, e li guidano a partecipare, in modo più impegnato, all’evangelizzazione dei poveri.

C 2. — Tenendo conto del proprio fine, la Congregazione della Missione, con la mente rivolta al Vangelo e l’attenzione sempre vigile ai segni dei tempi e agli appelli più urgenti della Chiesa, sarà sollecita ad aprire nuove vie e ad impiegare mezzi corrispondenti alle diverse esigenze dei tempi e dei luoghi; inoltre si impegnerà a riesaminare attentamente e a coordinare le sue opere e i suoi ministeri, rimanendo così in stato di continuo rinnovamento.

C 3. — § 1. La Congregazione della Missione è una società clericale di vita apostolica e di diritto pontificio, nella quale i membri perseguono il proprio fine apostolico secondo il patrimonio spirituale trasmesso da san Vincenzo e sancito dalla Chiesa; conducono vita fraterna in comune secondo un proprio stile di vita e tendono alla carità perfetta mediante l’osservanza delle Costituzioni.

§ 2. La Congregazione della Missione, secondo la tradizione che risale a san Vincenzo, esercita il suo apostolato in stretta collaborazione con i vescovi e con il clero diocesano; per questo san Vincenzo affermò spesso che la Congregazione della Missione è secolare, benché goda di una propria autonomia concessale sia dalla legge universale sia dall’esenzione.

§ 3. I membri della Congregazione della Missione, allo scopo di perseguire il fine della stessa Congregazione in modo più efficace e sicuro, emettono i voti di stabilità, castità, povertà e obbedienza secondo le Costituzioni e gli Statuti.

C 4. — La Congregazione della Missione, che è formata di chierici e di laici, per poter conseguire, con l’aiuto della grazia di Dio, il fine che si propone, cerca di far proprio il modo di pensare e di sentire di Cristo, anzi lo stesso suo spirito, che risplende in modo mirabile nelle massime evangeliche, come viene spiegato nelle Regole Comuni.

C 5. — Lo spirito della Congregazione è la partecipazione dello spirito di Cristo stesso, come l’ha proposto san Vincenzo: « Mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio » (Lc 4, 18). Perciò « Gesù Cristo è la regola della Missione » e sarà il centro della sua vita e della sua attività (SV XII, 130; SVit X, 448).

C 6. — Lo spirito della Congregazione, dunque, abbraccia quelle disposizioni interiori dell’animo di Cristo, che il Fondatore, fin dagli inizi, raccomandava ai confratelli: amore e rispetto devoto verso il Padre, amore compassionevole e fattivo verso i poveri, docilità alla Provvidenza divina.

C 7. — La Congregazione cerca di esprimere il suo spirito anche nella pratica delle « cinque virtù » derivate da una particolare contemplazione di Cristo: la semplicità, l’umiltà, la mansuetudine, la mortificazione, lo zelo per le anime. Di esse san Vincenzo disse: « La Congregazione avrà somma cura di coltivarle e praticarle, in modo che queste cinque virtù siano come le facoltà dell’anima di tutta la Congregazione, e tutte le azioni di ciascuno di noi ne siano sempre animate » (RC II, 14).

C 8. — Tutti aspireranno ad approfondire sempre più la conoscenza di questo spirito, richiamandosi al Vangelo, all’esempio e all’insegnamento di san Vincenzo, consapevoli che il nostro spirito e il nostro ministero devono trarre alimento l’uno dall’altro.

C 9. — La nostra vocazione inoltre – cioè il fine, la natura e lo spirito – deve ispirare e dirigere la vita e l’organizzazione della Congregazione.

PARTE SECONDA

LA VITA NELLA CONGREGAZIONE

Capitolo I

L’attività apostolica

C 10. — La Congregazione della Missione, fin dai tempi del Fondatore e seguendo la sua ispirazione, si riconosce chiamata da Dio ad attendere all’evangelizzazione dei poveri.

Insieme con tutta la Chiesa, può affermare di se stessa, a titolo del tutto particolare, che il mandato di evangelizzare è per lei la grazia e la vocazione sua propria, l’espressione della sua identità più profonda (cf. EN 14).

Anzi ognuno dei suoi membri può dire con Gesù: « è necessario che io annunci la buona notizia del regno di Dio; per questo sono stato mandato » (Lc 4, 43).

C 11. — L’amore di Cristo che sente compassione delle folle (cf. Mc 8, 2) è la sorgente di tutta la nostra attività apostolica, e ci spinge, secondo le parole di san Vincenzo, « a rendere veramente effettivo il Vangelo » (SV XII, 84; SVit X, 415).

Nelle diverse situazioni che i tempi e i luoghi presentano, la nostra evangelizzazione deve mirare, con le parole e le opere, a questo scopo: che tutti, attraverso la conversione e la celebrazione dei sacramenti, aderiscano « al regno, cioè al mondo nuovo, al nuovo stato di cose, alla nuova maniera di essere, di vivere, di vivere insieme, che il Vangelo inaugura » (EN 23).

C 12. — Nel lavoro di evangelizzazione che la Congregazione si propone di svolgere, si devono tenere ben presenti queste caratteristiche:

1° una chiara ed esplicita preferenza per l’apostolato tra i poveri: infatti, la loro evangelizzazione è il segno che, sulla terra, il regno di Dio si avvicina (cf. Mt 11, 5);

2° una sensibilità attenta alla realtà concreta della società umana, soprattutto alle cause della disuguale distribuzione dei beni nel mondo, per poter meglio compiere la missione profetica dell’evangelizzazione;

3° una qualche partecipazione alla condizione dei poveri, in modo che non solo li evangelizziamo, ma siamo anche da loro evangelizzati;

4° un’autentica responsabilità comunitaria nel lavoro apostolico, per sentirci più facilmente sostenuti reciprocamente nella vocazione comune;

5° la disponibilità ad andare in tutto il mondo, secondo l’esempio dei primi missionari della Congregazione;

6° un atteggiamento di conversione continua, che deve essere ricercata sia dai singoli, sia dall’intera Congregazione, secondo il pensiero di san Paolo che ammonisce: « Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare » (Rm 12, 2).

S 1. Le opere apostoliche che, dopo attento esame, dovessero risultare ai giorni nostri non più rispondenti alla vocazione della Congregazione, siano gradualmente abbandonate.

S 2.  Nel contesto attuale di globalizzazione, molteplici fattori e situazioni mettono alla prova la fede e rappresentano delle sfide per i metodi tradizionali di evangelizzazione. I confratelli prenderanno seriamente in considerazione tutto ciò, convinti che questa situazione esige da loro una testimonianza personale e comunitaria di fede solida nel Dio di Gesù Cristo e la ricerca di nuove vie per realizzare bene la loro vocazione di evangelizzatori dei poveri.

S 3.  Le province e le singole case collaboreranno volentieri, in spirito di fraternità, sia tra loro sia con il clero diocesano e con gli istituti religiosi, come anche con i laici, in tutto ciò che si riferisce alle iniziative apostoliche.

S 4.  I confratelli si inseriranno nel dialogo ecumenico; saranno attivamente presenti insieme con gli altri, siano essi cristiani o no, a tutte le realtà di indole religiosa, sociale e culturale.

C 13.  Le province stesse giudicheranno quali forme di apostolato debbano adottare, in modo che, nella fedeltà allo spirito e all’esempio di san Vincenzo, inseriscano la loro attività nella pastorale della Chiesa locale, come richiedono le istruzioni e i documenti emanati dalla Sede Apostolica, dalle Conferenze episcopali e dai vescovi diocesani.

C 14. — Le missioni al popolo, così care al cuore del Fondatore, devono essere incrementate con ogni sforzo. Ci impegneremo quindi a fondo nell’opera delle missioni, adattandola alle condizioni e alle circostanze di ogni luogo. Ricercheremo tutti i mezzi possibili per dare nuovo impulso a quest’opera, sia per rinnovare e costituire vere comunità cristiane, sia per suscitare la fede nel cuore di coloro che non credono.

C 15. — Il lavoro di formazione dei chierici nei seminari, che fin dall’inizio fu considerato un’attività propria della Congregazione, sia aggiornato in modo opportuno ed efficace.

I confratelli inoltre offrano il loro aiuto spirituale ai sacerdoti, sia favorendo tra loro la formazione continua, sia promuovendo lo studio dei problemi pastorali. Stimolino in essi il desiderio di far propria la scelta della Chiesa a favore dei poveri.

Attendano ad animare opportunamente i laici e a prepararli convenientemente anche ai ministeri pastorali che sono necessari nella comunità cristiana.

Infine educhino i chierici e i laici a lavorare strettamente uniti e ad aiutarsi gli uni gli altri nel processo di formazione della comunità cristiana.

C 16. — Tra le attività apostoliche della Congregazione occupano un posto di alto rilievo le missioni sia « ad Gentes » sia tra popolazioni che si trovano in condizioni analoghe di evangelizzazione.

Nel fondare nuove comunità ecclesiali, i missionari prestino grande attenzione ai « germi del Verbo » contenuti nella cultura e nella religiosità dei vari popoli (cf. EN 53).

S 5. Per le missioni « ad Gentes », si tengano presenti le seguenti norme:

1) attuando il principio di corresponsabilità, le province, o spontaneamente o su invito del Superiore generale, si prestino aiuto reciproco;

2) le singole province, o più province insieme, si assumano la responsabilità di almeno uno dei territori di missione, inviandovi confratelli come operai nella messe del Signore;

3) sia concessa ai confratelli la possibilità di aiutare, in modo concreto, le opere delle missioni, anche offrendosi per il ministero dell’evangelizzazione in quei luoghi;

4) si stimolino i confratelli a prender parte alle opere missionarie della Chiesa universale e locale. Anche le opere missionarie proprie della Congregazione siano organizzate in modo appropriato.

S 6. — I missionari che vengono inviati alle missioni « ad Gentes », mediante la conoscenza della situazione del luogo dove lavoreranno, si preparino con diligenza ai compiti speciali che vi dovranno svolgere, affinché l’attività pastorale che intraprenderanno risponda fruttuosamente alle necessità del luogo.

C 17. — Poiché la Congregazione della Missione partecipa della stessa eredità delle Figlie della Carità, i confratelli, quando ne siano richiesti, presteranno volentieri ad esse la loro assistenza, specialmente per quanto concerne gli esercizi spirituali e la direzione spirituale.

Daranno inoltre sempre la loro collaborazione fraterna nelle opere intraprese di mutuo accordo.

S 7.  § 1. I confratelli avranno particolare cura di promuovere e assistere, nelle loro attività apostoliche, la Famiglia Vincenziana e le Associazioni laicali vincenziane che ne fanno parte.

§ 2. Tutti i confratelli dovranno essere preparati in modo adeguato a rendere questo servizio ai diversi rami della Famiglia Vincenziana ed essere disponibili a renderlo, quando viene loro richiesto.

§ 3. Il cuore di questo servizio consisterà nella condivisione della propria esperienza di fede alla luce degli insegnamenti della Chiesa e dello spirito vincenziano. Perché questo servizio sia rispondente alle necessità di oggi, si dovrà avere cura della necessaria formazione teologicospirituale, tecnica, professionale e politicosociale.

§ 4. In occasione della chiusura di case, si presterà una particolare attenzione per facilitare la continuità dei gruppi laicali che condividono lo spirito vincenziano.

S 8. Si promuovano tra le province incontri per approfondire la conoscenza della vocazione dei missionari e di quei metodi dell’attività pastorale che con più efficacia rispondano alle concrete situazioni e mutamenti delle cose e delle persone.

C 18. — Animati dall’esempio di san Vincenzo che, realizzando la parabola del buon Samaritano (Lc 10, 3037), soccorreva gli abbandonati con mezzi efficaci, le province e i singoli confratelli, ognuno secondo le proprie possibilità, si sforzeranno di venire in soccorso di coloro che sono emarginati o vittime di sventure e di ingiustizie di vario genere, e di quanti soffrono delle forme di povertà morale, caratteristiche del nostro tempo. Operando in loro favore e insieme con loro, si impegneranno a soddisfare le istanze della giustizia sociale e della carità evangelica.

S 9. — § 1. è compito delle province emanare, secondo le circostanze, norme riguardanti l’attività sociale, e determinare mezzi concreti con cui possa essere affrettata la realizzazione della giustizia sociale.

§ 2. Inoltre i confratelli, tenendo conto delle circostanze di tempo e di luogo, offriranno la loro collaborazione alle associazioni che si propongono di difendere i diritti umani e di promuovere la giustizia e la pace.

S 10. — § 1. Tra le attività apostoliche della Congregazione vanno annoverate le parrocchie, purché l’apostolato che i confratelli vi esercitano sia in consonanza con il fine e la natura del nostro Istituto, e sia richiesto dall’insufficiente numero di pastori.

§ 2. Queste parrocchie della Congregazione devono essere realmente formate, in gran parte, da poveri, oppure devono essere annesse a seminari in cui i confratelli formano i giovani all’attività pastorale.

S 11. — § 1. I confratelli, consapevoli della grande importanza della formazione dei giovani e degli adulti, assumeranno il compito di insegnanti e di educatori là dove ciò sia necessario per realizzare il fine della Congregazione.

§ 2. Tale compito si deve svolgere non solo nelle scuole di ogni tipo, ma anche nelle famiglie, nei posti di lavoro, anzi in ogni ambiente sociale frequentato da giovani e adulti.

§ 3. Le scuole, i collegi e le università, secondo le esigenze dei vari luoghi, accolgano i poveri per favorirne la promozione. Affermando poi il valore dell’educazione cristiana, e impartendo una formazione sociale cristiana, cerchino di istillare negli alunni il senso del povero, secondo lo spirito del Fondatore.

S 12. Tra gli strumenti di cui la Congregazione si serve nell’opera di evangelizzazione, si tenga il dovuto conto dei mezzi tecnici di comunicazione sociale per una diffusione più ampia ed efficace della parola di salvezza.

Capitolo II

La vita comunitaria

C 19. — San Vincenzo ha radunato nella Chiesa dei confratelli che, in nuova forma di vita comunitaria, si dedicassero all’evangelizzazione dei poveri. Infatti la comunità vincenziana è ordinata a preparare, favorire costantemente e sostenere l’attività apostolica. A tale scopo, tutti e singoli i confratelli, stretti in comunione fraterna, impegnati in un rinnovamento continuo, tendono all’adempimento della missione comune.

C 20. — Come la Chiesa e nella Chiesa, la Congregazione trova nella Trinità il principio più sublime della sua attività e della sua vita.

1° Radunati in comunità per annunziare l’amore del Padre verso gli uomini, esprimiamo questo stesso amore nella nostra vita.

2° Seguiamo Cristo che riunisce gli apostoli e i discepoli, e con loro conduce vita fraterna per evangelizzare i poveri.

3° Sotto l’impulso dello Spirito Santo, costruiamo l’unità tra di noi nel compimento della nostra missione, per rendere una testimonianza credibile di Cristo Salvatore.

C 21. — § 1. La vita comunitaria, fin dagli inizi e per volontà espressa di san Vincenzo, è una caratteristica della Congregazione e la sua ordinaria forma di vita. Perciò i confratelli devono abitare nella casa o nella comunità legittimamente costituita, a norma del diritto proprio.

§ 2. Questo rapporto fraterno, continuamente alimentato dalla missione, crea la comunità per promuovere il progresso personale e comunitario, e per dare maggiore efficacia al ministero dell’evangelizzazione.

C 22. — Ci sentiremo della comunità con il dono di noi stessi e di tutto quanto abbiamo. Nel medesimo tempo, tuttavia, si abbia il dovuto rispetto per ciò che si riferisce alla vita privata di ciascuno; la comunità aiuti a sviluppare le attitudini personali; discerna le iniziative dei confratelli alla luce del fine e dello spirito della Missione. In questo modo, le diversità e i carismi dei singoli contribuiscono a ravvivare la comunione e a far sì che la missione ottenga i suoi frutti.

C 23. — Ogni comunità locale goda di una giusta autonomia per essere veramente un luogo in cui si realizza l’intima connessione tra comunità di apostolato e di vita, in armonia con il bene della Congregazione a livello sia provinciale che universale. Infatti, la comunità locale è cellula viva dell’intera Congregazione.

C 24. — Perché sia di aiuto al nostro apostolato, ci sforziamo di vivere una vita comunitaria animata dalla carità, soprattutto nella pratica delle « cinque virtù » di modo che essa sia per il mondo segno della novità di vita portata dal Vangelo. Perciò:

1° per compiere la nostra missione, cercheremo di vivere in concordia tra di noi, prestandoci aiuto scambievole soprattutto nei momenti difficili, comunicandoci l’un l’altro la gioia in semplicità di cuore;

2° sostenuti dall’indispensabile ministero dell’autorità, ci renderemo corresponsabili, insieme con il Superiore, nel cercare la volontà di Dio nella vita e nelle opere, sottomettendoci a un’obbedienza attiva; favoriremo inoltre tra di noi il dialogo, superando forme di vita troppo individualistiche;

3° prestando umile e fraterna attenzione alle opinioni e ai bisogni di ogni confratello, ci impegneremo a superare le difficoltà che la vita comune porta con sé; eserciteremo infine con dolcezza la correzione fraterna, riconciliandoci reciprocamente;

4° ci sforzeremo con premurosa attenzione di creare quelle condizioni che sono necessarie per il lavoro, il riposo, la preghiera e la vita fraterna; perciò ci serviremo dei mezzi di comunicazione con discrezione e prudenza e, salve le esigenze dell’apostolato, riserveremo qualche parte della casa per tutelare l’intimità della comunità.

C 25. — La comunità realizza una continua formazione di se stessa, rinnovando innanzitutto gli elementi principali del nostro modo di vivere e di lavorare. Essi sono:

1° la sequela, in forma comunitaria, di Cristo evangelizzatore, la quale genera in noi vincoli speciali di amore e di affetto; perciò uniremo il mutuo rispetto con la sincera benevolenza « come cari amici » (RC VIII, 2);

2° l’evangelizzazione dei poveri, la quale dona a tutte le nostre attività un carattere unitario, che non affievolisce le capacità personali né i doni, benché diversi, di ciascuno, ma li volge a servizio di questa missione;

3° la preghiera, in modo particolare nell’Eucarestia, che costituisce la sorgente della nostra vita spirituale, comunitaria e apostolica;

4° i nostri beni, che saranno comuni secondo il pensiero di san Vincenzo, e che volentieri condivideremo con gli altri.

In questo modo la nostra vita diventa veramente una comunità di rapporti fraterni, di lavoro, di preghiera e di beni.

C 26. — § 1. Ci staranno a cuore i confratelli malati, i più deboli e quelli che sono più avanti negli anni: considereremo la loro presenza come una benedizione per le nostre case. Perciò, oltre a prestar loro le cure mediche e il necessario per una vita serena, li faremo partecipare alla vita di famiglia e al nostro apostolato.

§ 2. Per i confratelli defunti poi offriremo fedelmente i suffragi prescritti negli Statuti.

S 13. — I confratelli ammalati e anziani o in situazioni di particolare necessità, uniti in modo speciale al Cristo sofferente, prendono parte alla nostra opera di evangelizzazione. Ci preoccuperemo di assisterli in modo conveniente. Qualora non sia più possibile accoglierli nella casa in cui hanno svolto il loro servizio, il Visitatore con il suo Consiglio avrà la responsabilità di prendere la decisione più adatta, dopo aver attentamente valutato le diverse possibilità e ascoltato il confratello bisognoso di assistenza.

S 14. — § 1. I confratelli che, a causa dei ministeri loro affidati dalla Congregazione, sono costretti a vivere soli, faranno il possibile per trascorrere un po’ del loro tempo in comunità, per sperimentare i valori della comunità. Da parte nostra, saremo loro vicini per rendere meno pesante la loro solitudine e saremo solleciti nell’invitarli a condividere qualche volta con noi la vita fraterna e l’apostolato.

§ 2. Faremo poi il possibile per offrire il nostro aiuto fraterno e tempestivo ai confratelli che si trovassero in qualche difficoltà.

S 15. § 1. Osserveremo fedelmente i doveri verso i genitori, con quella moderazione che ci consenta di adempiere la nostra missione e di essere fedeli alla vita comunitaria.

§ 2. Accoglieremo a cuore aperto nelle nostre case confratelli, sacerdoti e altri ospiti.

§ 3. Tratteremo con generosità i poveri che ci chiederanno soccorso, cercando di aiutarli a uscire dalle loro difficoltà.

§ 4. Estenderemo di buon animo i nostri rapporti fraterni a tutti coloro che condividono con noi la vita e il lavoro.

C 27. — Ogni comunità elaborerà un progetto comunitario, secondo le Costituzioni, gli Statuti e le Norme provinciali. Esso servirà di guida nell’organizzare la nostra vita e il nostro lavoro, nel porre in atto le deliberazioni, e nella revisione periodica della nostra vita e della nostra attività.

S 16. — Il progetto comunitario, che ogni comunità elabora, possibilmente all’inizio dell’anno di lavoro, comprenda: l’attività apostolica, la preghiera, l’uso dei beni, la testimonianza cristiana nel luogo dove si lavora, la formazione permanente, i tempi di riflessione comunitaria, il tempo necessario di sollievo e di studio, l’organizzazione della giornata. Tutto ciò dovrà essere sottoposto a revisione periodica.

Capitolo III

La castità, la povertà,

l’obbedienza e la stabilità

C 28. — Desiderando continuare la missione di Cristo, ci consacriamo all’evangelizzazione dei poveri nella Congregazione per tutta la vita. Per realizzare questa vocazione, abbracciamo la castità, la povertà e l’obbedienza secondo le Costituzioni e gli Statuti. Infatti « la piccola Congregazione della Missione... avendo lo scopo di dedicarsi alla salvezza delle anime, soprattutto dei poveri contadini, ha ritenuto di non potersi servire di armi più forti e più appropriate di quelle stesse che usò con tanto successo e tanta efficacia la stessa Sapienza eterna » (RC II, 18).

C 29. — § 1. Poiché vogliamo imitare Cristo nel suo amore verso tutti, abbracciamo con voto la castità perfetta nel celibato per il regno dei cieli. La accogliamo come un dono che ci viene elargito dalla personale e infinita benevolenza di Dio.

§ 2. In tal modo apriamo più generosamente a Dio e al prossimo il nostro cuore, e tutto il nostro modo di agire diventa una gioiosa espressione dell’amore tra Cristo e la Chiesa, che si manifesterà pienamente nel mondo futuro.

C 30. — L’intima unione con Cristo, la comunione veramente fraterna, l’assidua dedizione all’apostolato, l’ascesi collaudata dall’esperienza della Chiesa, concorreranno a dar vigore alla nostra castità.

Attraverso la continua e matura risposta alla vocazione divina, essa è sorgente di fecondità spirituale nel mondo e giova molto al raggiungimento di una pienezza anche umana.

C 31. « Cristo stesso, cui appartengono tutti i beni, abbracciò la povertà a tal punto da non avere dove posare il capo, e costituì i collaboratori della sua missione, cioè gli apostoli e i discepoli, in simile grado di povertà da non possedere nulla di proprio... ciascuno, per quanto lo comporta la sua debolezza, si sforzerà di imitarlo nel coltivare questa virtù » (RC III, 1). Così facendo, i confratelli dimostreranno di dipendere totalmente da Dio, e la stessa evangelizzazione dei poveri riuscirà più efficace.

C 32. — § 1. Ogni confratello, nel compiere il ministero secondo il fine della Congregazione e il progetto comunitario della comunità, si senta soggetto alla legge universale del lavoro.

§ 2. I proventi del lavoro o ciò che ognuno riceve in qualsiasi modo « intuitu Congregationis » dopo la sua incorporazione a titolo di pensione, di sussidio o di assicurazione, secondo il diritto proprio della Comunità sono da ritenersi beni della medesima; cosicché, sull’esempio dei primi cristiani, realizziamo una vera comunione di beni e ci aiutiamo fraternamente.

C 33. — Tenendo presenti le condizioni dei poveri, il nostro tenore di vita sia semplice e sobrio. Anche i mezzi di apostolato, sia pure efficaci e moderni, siano esenti da ogni parvenza di ostentazione.

I mezzi necessari al sostentamento e al perfezionamento dei confratelli e allo sviluppo delle opere, devono provenire in massima parte dall’impegno di tutti. La Congregazione, poi, rifuggendo da ogni accumulazione di beni, destinerà parte delle sue sostanze a beneficio dei poveri; così, libera da ogni cupidigia di ricchezze, costituirà una testimonianza per il mondo invischiato nel materialismo.

C 34. — Per usare i beni e per disporre di essi è necessario avere, in forza del voto, il consenso del Superiore, secondo le Costituzioni e gli Statuti. Ma poiché, per coltivare lo spirito della povertà, il solo permesso del Superiore non è sufficiente, occorre che ognuno rifletta attentamente su ciò che è più adatto e più conforme alla nostra vita e al nostro ministero, secondo lo spirito del nostro Fondatore espresso nelle Regole comuni.

C 35. — Destineremo, con il permesso del Superiore, i nostri beni personali, secondo lo statuto fondamentale che regola il voto di povertà nella Congregazione, a vantaggio delle opere di carità e anche dei confratelli, evitando che si creino disuguaglianze tra di noi.

S 17. § 1. L’Assemblea provinciale adatti le norme circa la pratica della povertà, in conformità con le Costituzioni e con lo spirito delle Regole comuni e dello statuto fondamentale sulla povertà, dato alla Congregazione da Alessandro VII, nel Breve « Alias nos supplicationibus ».

§ 2. Le singole province e le comunità locali, in base alle diverse esigenze dei luoghi e delle situazioni, ricerchino il modo di osservare la povertà evangelica, e su di esso si esaminino periodicamente, convinti che la povertà non solo è il baluardo della Comunità (cf. RC III, 1), ma anche presupposto di rinnovamento e segno di progresso della nostra vocazione nella Chiesa e nel mondo.

C 36. — Memori che la condizione umana ha i suoi limiti, e seguendo il modo di agire salvifico di Cristo, che si è fatto obbediente fino alla morte, ci impegneremo, sotto la guida dello Spirito Santo, ad obbedire volentieri alla volontà del Padre che ci si manifesta in molti modi.

C 37. — § 1. La partecipazione a questo mistero di Cristo obbediente esige da parte di tutti la ricerca comunitaria della volontà del Padre, attraverso la scambievole comunicazione delle esperienze, il dialogo libero e responsabile, nel quale le differenze di età e di mentalità si possono confrontare, in modo che ne nascano e maturino quelle intese comuni che permettano poi di prendere le decisioni opportune.

§ 2. I confratelli, con spirito di corresponsabilità e memori delle parole di san Vincenzo, cercheranno, secondo le loro forze, di obbedire con prontezza, con gioia e con perseveranza ai Superiori. Alla luce della fede, si sforzeranno di conformarsi alle decisioni dei Superiori, anche quando la loro opinione personale sembrasse migliore.

C 38. — § 1. In forza del voto d’obbedienza siamo tenuti a obbedire al sommo Pontefice, al Superiore generale, al Visitatore, al Superiore della casa e ai loro sostituti, che ci comandano secondo le Costituzioni e gli Statuti.

§ 2. Ai vescovi, nelle cui diocesi la Congregazione è presente, obbediremo a norma del diritto universale e di quello proprio del nostro Istituto, secondo il pensiero e lo spirito di san Vincenzo.

C 39. — Con il voto particolare di stabilità ci impegniamo ad attendere al fine della Congregazione per tutta la vita nella medesima Congregazione, svolgendo le attività che ci saranno prescritte dai Superiori, secondo le Costituzioni e gli Statuti.

S 18. Le province, le comunità locali e ogni confratello si impegneranno seriamente ad approfondire il voto di Stabilità, che comprende il dono totale di se stessi alla sequela di Cristo evangelizzatore dei poveri e la fedeltà a rimanere per tutta la vita nella Congregazione della Missione.

Capitolo IV

La preghiera

C 40. — § 1. Cristo Signore, che viveva in continua e intima unione con il Padre, ne ricercava la volontà nella preghiera. Essa fu la norma suprema della sua vita, della sua missione e della sua offerta per la salvezza del mondo. Egli insegnò pure ai suoi discepoli a pregare nel medesimo spirito, sempre, senza mai venir meno.

§ 2. Anche noi, santificati in Cristo e mandati nel mondo, ci sforzeremo di cercare, con la preghiera, i segni della volontà di Dio e di imitare la disponibilità di Cristo, giudicando ogni cosa secondo il suo spirito. In questo modo, la nostra vita viene trasformata dallo Spirito Santo in offerta spirituale, e noi diventiamo più idonei a partecipare alla missione di Cristo.

C 41. « Datemi un uomo d’orazione, e sarà capace di tutto » (SV XI, 83; SVit X, 77). Secondo il pensiero di san Vincenzo, la preghiera è sorgente della vita spirituale del missionario: con essa egli si riveste di Cristo, assimila la dottrina del Vangelo, giudica le cose e gli avvenimenti alla presenza di Dio, e rimane fermo e sicuro nel suo amore misericordioso. In tal modo, lo Spirito di Cristo dona sempre efficacia alle nostre parole e alle nostre azioni.

C 42. — Il rapporto apostolico col mondo, la vita comunitaria e l’esperienza di Dio mediante la preghiera, si completano a vicenda nella vita del missionario e si fondono in un’unica realtà. Infatti, nella preghiera, la fede, l’amore fraterno e lo zelo apostolico si rinnovano continuamente; a sua volta, nell’azione, l’amore di Dio e del prossimo si dimostra effettivo. Mediante l’unione della preghiera con l’apostolato, il missionario si fa contemplativo nell’azione e apostolo nella preghiera.

C 43. — La preghiera del missionario deve ispirarsi allo spirito filiale, all’umiltà, alla fiducia nella Provvidenza e all’amore della bontà di Dio. Impariamo in tal modo a pregare come poveri in spirito, persuasi che la nostra debolezza viene rinvigorita dalla potenza dello Spirito Santo. Egli, infatti, illumina la nostra mente e fortifica la nostra volontà per conoscere più a fondo le necessità del mondo e apportarvi più efficace rimedio.

C 44. — è necessario che valorizziamo le particolari possibilità di preghiera che ci offrono il ministero della parola, dei sacramenti e della carità, e gli avvenimenti della vita. Quando annunciamo il Vangelo ai poveri, dobbiamo scoprire e contemplare in essi Cristo stesso; quando esercitiamo il nostro ministero presso le popolazioni alle quali siamo stati inviati, dobbiamo non solo pregare per loro, ma anche con loro, e partecipare quasi spontaneamente alla loro fede e alla loro devozione.

C 45. — Parteciperemo alla preghiera liturgica in modo vivo e autentico.

§ 1. La nostra vita abbia come suo vertice la celebrazione quotidiana della Cena del Signore: da essa, infatti, come da sorgente, attingono forza la nostra attività e la nostra comunione fraterna. Per mezzo dell’Eucaristia viene ripresentata la morte e la risurrezione di Cristo; in Cristo diventiamo offerta vivente e la comunità del popolo di Dio viene espressa e costruita.

§ 2. Ci accosteremo con frequenza al sacramento della Penitenza per attendere alla conversione continua e ravvivare la nostra vocazione.

§ 3. Con la celebrazione della Liturgia delle Ore, uniamo le nostre voci e i nostri cuori per cantare le lodi del Signore, innalziamo a lui la nostra preghiera incessante e intercediamo per tutti gli uomini.

Perciò celebreremo in comune le Lodi e i Vespri, a meno che non ne siamo impediti da impegni di apostolato.

C 46. — Nella preghiera comunitaria abbiamo un ottimo mezzo di animazione e di rinnovamento di vita, soprattutto quando celebriamo e partecipiamo la parola di Dio, o quando, mediante un dialogo fraterno, ci comunichiamo reciprocamente i frutti della nostra esperienza spirituale e apostolica.

C 47. — § 1. Cercheremo, secondo le nostre possibilità, di fare ogni giorno la preghiera personale, in privato o in comune, per un’ora, secondo la tradizione di san Vincenzo. In tal modo diventiamo capaci di cogliere i sentimenti di Cristo, e di scoprire il cammino per compiere la sua missione. Essa poi prepari, dilati e dia compimento alla preghiera comunitaria e liturgica.

§ 2. Attenderemo fedelmente nel corso dell’anno agli esercizi spirituali.

C 48. — Quali testimoni e annunciatori dell’amore di Dio, abbiamo il dovere di nutrire una devozione particolare e di tributare un culto speciale ai misteri della Trinità e dell’Incarnazione.

C 49. — § 1. Venereremo con speciale devozione anche Maria, Madre di Cristo e della Chiesa. Ella, secondo le parole di san Vincenzo, comprese a fondo, più di tutti gli altri credenti, gli insegnamenti del Vangelo, e li rese operanti nella sua vita.

§ 2. Dimostreremo la nostra devozione all’Immacolata Vergine Maria in vari modi, celebrando con sincera pietà le sue feste e invocandola frequentemente, soprattutto con la recita del rosario.

Faremo conoscere il messaggio particolare che Ella, nella sua bontà materna, ha rivelato nella Medaglia Miracolosa.

C 50. — Ci starà a cuore il culto di san Vincenzo e dei Santi e Beati della famiglia vincenziana. Ci rifaremo costantemente al patrimonio del Fondatore, che è contenuto nei suoi scritti e nella tradizione della Congregazione, affinché possiamo imparare ad amare ciò che egli ha amato e a praticare ciò che egli ha insegnato.

S 19. — Attenderemo fedelmente alle pratiche di pietà tradizionali nella Congregazione, secondo il progetto comunitario, specialmente alla lettura della Sacra Scrittura e in modo particolare del Nuovo Testamento, al culto dell’Eucaristia, alla meditazione in comune, all’esame di coscienza, alla lettura spirituale, agli esercizi spirituali annuali e alla direzione spirituale.

Capitolo V

I membri della Congregazione

1. Principi generali

C 51. — I membri della Congregazione della Missione sono discepoli di Cristo che, chiamati da Dio a continuare la sua missione, e ammessi in Congregazione, cercano di corrispondere secondo le loro forze alla propria vocazione, impegnandosi assiduamente in conformità agli insegnamenti, alle istruzioni e ai disegni di san Vincenzo de Paoli.

C 52. — § 1. I membri della Congregazione, che, in forza del battesimo e della cresima, partecipano tutti del sacerdozio regale di Cristo, sono chierici e fratelli, e tutti sono detti anche missionari.

1° I chierici, cioè i sacerdoti e i diaconi, ciascuno secondo il proprio ordine, sull’esempio di nostro Signore Gesù Cristo Sacerdote, Pastore e Maestro, vivono la loro vocazione nell’esercizio di questa triplice funzione, in tutte le forme di apostolato che possono servire a realizzare il fine della Congregazione.

Ad essi si aggiungono coloro che si preparano a ricevere gli ordini.

2° I laici, che da noi sono chiamati fratelli, sono destinati all’apostolato della Chiesa e della Congregazione, e lo svolgono in attività adatte alla loro condizione.

§ 2. Tutti costoro sono: o soltanto ammessi, o anche incorporati, secondo le Costituzioni e gli Statuti.

2. Ammissione in Congregazione

C 53. — § 1. Il candidato viene ammesso in Congregazione quando, dietro sua domanda, è accolto per compiere il periodo di prova nel seminario interno.

§ 2. Il diritto di ammettere candidati al seminario interno spetta, nel rispetto delle norme stabilite:

1° al Superiore generale, dopo aver sentito il suo Consiglio, per tutta la Congregazione;

2° al Visitatore, dopo aver sentito il suo Consiglio, per la sua provincia.

§ 3. Quanto ai requisiti per l’ammissione, si deve stare al diritto universale.

C 54. — § 1. Il tempo complessivo di preparazione all’incorporazione alla Congregazione non deve essere inferiore a due anni, né superiore a nove anni dall’accettazione nel seminario interno.

§ 2. Trascorso un anno completo dall’ammissione in Congregazione, il confratello, secondo la nostra tradizione, manifesta, con i Proponimenti, la sua volontà di attendere per tutta la vita alla salvezza dei poveri nella Congregazione, secondo le Costituzioni e gli Statuti.

§ 3. Il diritto di ammettere ai Proponimenti, nel rispetto delle norme stabilite, spetta:

1° al Superiore generale, dopo aver sentito il suo Consiglio e il Direttore del Seminario interno, per tutta la Congregazione;

2° al Visitatore, dopo aver sentito il suo Consiglio e il Direttore del Seminario interno, per la sua provincia.

S 20. § 1. Il seminario interno ha inizio quando, dal Direttore o da chi ne fa le veci, il candidato viene dichiarato ammesso, secondo le Norme provinciali.

§ 2. La Congregazione, a tempo debito e se ritenute necessarie, prenderà cautele valide anche in foro civile, affinché, nel caso che un confratello si ritiri spontaneamente o venga dimesso, siano rispettati nel modo dovuto i diritti sia del confratello che della Congregazione.

S 21. — I Proponimenti vengono emessi nella Congregazione della Missione secondo una formula che può essere diretta o dichiarativa:

1° Formula diretta: Signore, mio Dio, io N.N. propongo di dedicarmi fedelmente all’evangelizzazione dei poveri per tutta la mia vita nella Congregazione della Missione, seguendo Cristo evangelizzatore. Propongo perciò di osservare, con l’aiuto della tua grazia, la castità, la povertà e l’obbedienza, secondo le Costituzioni e gli Statuti del nostro Istituto.

2° Formula dichiarativa: Io N.N. propongo di dedicarmi fedelmente all’evangelizzazione dei poveri per tutta la mia vita nella Congregazione della Missione, seguendo Cristo evangelizzatore. Propongo perciò di osservare, con l’aiuto della grazia di Dio, la castità, la povertà e l’obbedienza, secondo le Costituzioni e gli Statuti del nostro Istituto.

S 22. — § 1. L’emissione dei proponimenti deve avvenire alla presenza del Superiore o di un altro confratello da lui designato.

§ 2. Sarà compito dell’Assemblea di ciascuna provincia stabilire altre disposizioni circa l’emissione o la rinnovazione dei proponimenti e circa qualche forma di vincolo temporaneo che si potrebbe aggiungere, come anche circa i diritti e i doveri che i confratelli godono a partire dalla loro ammissione in Congregazione fino alla loro incorporazione ad essa.

C 55. — § 1. I nostri voti sono perpetui, non religiosi, riservati, cosicché soltanto il Romano Pontefice e il Superiore generale li possono dispensare.

§ 2. Questi voti devono essere interpretati fedelmente secondo il progetto di san Vincenzo approvato da Alessandro VII nei Brevi « Ex commissa nobis » (22.IX.1655) e « Alias nos supplicationibus » (12.VIII.1659).

C 56. — Il diritto di ammettere ai voti spetta, nel rispetto delle norme stabilite:

1° al Superiore generale, con il consenso del suo Consiglio e dopo aver consultato i Superiori del candidato, per tutta la Congregazione;

2° al Visitatore, con il consenso del suo Consiglio e dopo aver consultato i Superiori del candidato, per la sua Provincia.

C 57. — § 1. Il permesso di emettere i voti, dato dal Superiore maggiore su domanda del confratello, comporta, una volta emessi i voti, l’incorporazione alla Congregazione; a essa un confratello viene incardinato ricevendo il diaconato.

§ 2. Un confratello non ancora incorporato alla Congregazione non può essere ammesso agli ordini. Tuttavia l’incorporazione di un confratello già chierico lo incardina nella Congregazione.

C 58. — § 1. L’emissione dei voti deve avvenire alla presenza del Superiore o di un confratello da lui designato.

§ 2. Secondo l’uso della Congregazione, tanto la domanda quanto l’attestato dell’emissione dei voti devono essere redatti in forma scritta. Il Superiore generale, poi, sia informato al più presto dell’avvenuta emissione dei voti.

I voti della Congregazione della Missione vengono emessi secondo queste formule:

a) Formula diretta: Signore, mio Dio, io N.N., alla presenza della beatissima Vergine Maria, faccio voto di dedicarmi fedelmente all’evangelizzazione dei poveri per tutta la mia vita nella Congregazione della Missione, seguendo Cristo evangelizzatore. Perciò faccio voto di castità, povertà e obbedienza, secondo le Costituzioni e gli Statuti del nostro Istituto, con l’aiuto della tua grazia.

b) Formula dichiarativa: Io N.N., alla presenza della beatissima Vergine Maria, faccio voto a Dio di dedicarmi fedelmente all’evangelizzazione dei poveri per tutta la mia vita nella Congregazione della Missione, seguendo Cristo evangelizzatore. Perciò faccio voto a Dio di castità, povertà e obbedienza, secondo le Costituzioni e gli Statuti del nostro Istituto, con l’aiuto della grazia di Dio.

c) Formula tradizionale: Io N.N., indegno (sacerdote, chierico, fratello) della Congregazione della Missione, alla presenza della beatissima Vergine e di tutti i Santi del cielo, faccio voto a Dio di povertà, di castità e di obbedienza al nostro Superiore e ai suoi successori, secondo le Regole o Costituzioni del nostro Istituto. Inoltre faccio voto di dedicarmi alla salvezza dei poveri della campagna per tutta la mia vita nella predetta Congregazione, con l’aiuto della grazia di Dio onnipotente, che perciò umilmente invoco.

S 23. Ulteriori determinazioni riguardanti il tempo dell’emissione dei voti sono di competenza dell’Assemblea provinciale di ciascuna provincia.

S 24. — In casi particolari, l’Assemblea provinciale può proporre all’approvazione del Superiore generale con il consenso del suo Consiglio una formula propria per l’emissione dei proponimenti e dei voti, conservando però gli elementi essenziali contenuti nelle formule prestabilite.

3. Diritti e doveri

dei membri della Congregazione

C 59. — § 1. Tutti i membri della Congregazione, a norma del diritto universale e proprio, godono dei diritti, dei privilegi e dei favori spirituali concessi alla Congregazione, salvo che risulti altrimenti dalla natura stessa della cosa.

§ 2. Tutti i confratelli incorporati alla Congregazione godono dei medesimi diritti e sono tenuti agli stessi doveri, a norma del diritto universale e proprio, salvo quanto riguarda l’esercizio dell’ordine e l’annessa giurisdizione. Invece i confratelli che sono stati soltanto ammessi in Congregazione godono dei diritti e sono tenuti ai doveri previsti dalle Costituzioni, dagli Statuti e dalle Norme provinciali.

C 60. — Godono del diritto di voce attiva e passiva, secondo il diritto universale e proprio, i confratelli incorporati alla Congregazione, a meno che non l’abbiano perduto a norma del diritto.

C 61. — Salve restando le altre condizioni stabilite dal diritto universale e proprio, godono del diritto di voce passiva, per tutti gli uffici e le cariche, i confratelli incorporati alla Congregazione almeno da tre anni, e che abbiano compiuto i venticinque anni di età.

S 25. Sono privi del diritto di voce attiva e passiva:

1° coloro che, per indulto, vivono fuori della Congregazione, secondo il diritto proprio della Congregazione e la clausola apposta a tale indulto;

2° i confratelli elevati all’ordine dell’Episcopato o anche solo nominati, finché sono in carica, ed anche dopo, a meno che non ritornino alla vita di Comunità;

3° i Vicari, i Prefetti e gli Amministratori Apostolici, anche se non Vescovi, finché sono in carica, a meno che non siano, allo stesso tempo, Superiori di una casa della Congregazione.

S 26. § 1. Oltre a quelli indicati nei canoni 171, § 1, nn. 34; 1336, § 1, n. 2 e negli art. 70 e 72, § 2 delle Costituzioni della Congregazione della Missione, sono privi di voce attiva e passiva anche coloro che, quando devono esercitare il diritto di voce attiva e passiva sia nella Congregazione, sia nella provincia, sia nella casa, sono in qualsiasi modo illegittimamente assenti, cioè:

a) coloro che sono assenti dalla Congregazione, senza il dovuto permesso, quando la loro assenza superi il tempo di sei mesi;

b) coloro che hanno ottenuto il dovuto permesso, ma, trascorso il tempo, non l’hanno rinnovato (cf. Cost. art. 72, § 2);

c) coloro che non stanno ai termini stabiliti nei loro permessi di risiedere fuori della comunità (cf. Cost. art. 67, § 2);

d) coloro che hanno superato i tre anni di permesso, eccetto che per motivi di salute, di studio o di apostolato da esercitare a nome della Congregazione (cf. Cost. art. 67, § 2).

§ 2. Nei casi dubbi, il Visitatore, con il consenso del proprio Consiglio, decide se il confratello gode di voce attiva e passiva, considerando attentamente la sua situazione in provincia, il diritto proprio della Congregazione e le Norme provinciali.

§ 3. Quanto detto per la voce attiva e passiva vale anche per le consultazioni stabilite dal diritto proprio della Congregazione e dalle Norme provinciali.

C 62. — I membri della Congregazione, oltre ai doveri a cui sono tenuti per diritto proprio, sono anche soggetti agli obblighi comuni dei chierici stabiliti dal diritto universale nei cc. 273289. Ciò riguarda non soltanto i chierici, come è evidente, e questi in modo speciale per quanto riguarda l’uso dell’abito ecclesiastico (c. 284) e la celebrazione della Liturgia delle Ore (c. 276), ma anche i laici, a meno che non risulti altrimenti dalla natura stessa della cosa o dal contesto.

S 27. § 1. A ciascun confratello sono dovuti, dopo la sua morte, suffragi da parte di tutta la Congregazione.

§ 2. Ogni mese, ciascun confratello, secondo la sua condizione, offra una Messa per i vivi e per i defunti di tutta la famiglia vincenziana, ed anche per i genitori, i parenti e i benefattori, aggiungendo un’intenzione speciale per la conservazione dello spirito originario della Congregazione.

§ 3. Ciascun confratello offra anche una seconda Messa per i confratelli di tutta la Congregazione morti nel mese precedente.

§ 4. Altre disposizioni siano stabilite da ciascuna provincia.

S 28. Ogni confratello incorporato alla Congregazione ha diritto, ogni mese, alla celebrazione di alcune Messe secondo la propria intenzione, senza riceverne l’offerta. Spetta alle singole province stabilire le norme circa il numero e il modo di celebrare queste Messe.

C 63. — Tutti devono osservare, con obbedienza attiva e responsabile, le Costituzioni e gli Statuti e le altre norme che sono in vigore nella Congregazione.

C 64. — Osservino anche le norme emanate dagli Ordinari del luogo, salvo restando il diritto della nostra esenzione.

4. Ascrizione dei confratelli

ad una provincia e ad una casa

C 65. — Ogni membro della Congregazione della Missione deve essere ascritto ad una provincia e ad una casa o ad un gruppo costituito a modo di casa, a norma del diritto proprio.

S 29. § 1. Il Superiore generale, gli Assistenti, il Segretario e l’Economo generale, il Procuratore generale presso la Sede Apostolica, durante il loro incarico, agli effetti giuridici, non appartengono ad alcuna provincia.

§ 2. Gli altri confratelli che prestano servizio negli uffici della Curia generalizia continuano ad appartenere alla loro provincia d’origine, rimanendo ascritti a una delle sue case, con una destinazione temporanea alla Curia, in base ad una convenzione stipulata tra il Superiore generale e il Visitatore della provincia del confratello.

S 30. § 1. Ogni membro della Congregazione della Missione viene ascritto alla provincia per la quale i Superiori lo ammettono legittimamente in Congregazione. Tale provincia si chiama provincia di origine.

§ 2. Un confratello ottiene una nuova ascrizione mediante la destinazione da una provincia ad un’altra, fatta legittimamente dai Superiori. Tale provincia si chiama provincia di destinazione.

S 31. Per il passaggio di un confratello da una provincia a un’altra, salva sempre l’autorità del Superiore generale, si richiede soltanto che i Superiori maggiori competenti, dopo aver sentito il confratello, si accordino fra di loro. Se però il confratello fosse contrario, il trasferimento a un’altra provincia non può avvenire senza l’approvazione del Superiore generale.

S 32. Il Superiore generale, allo scadere del suo ufficio, ha il diritto di scegliersi una provincia.

S 33.  § 1. L’ascrizione alla provincia di destinazione può avvenire per un periodo indeterminato o determinato.

§ 2. Nei due casi, i due Visitatori:

1° preciseranno per iscritto in una convenzione i diritti e doveri del confratello e delle due province;

2° redigeranno dei documenti di trasferimento da conservare negli archivi delle due province;

3° il Visitatore della provincia da cui il confratello è stato trasferito invierà al Segretario generale la comunicazione della nuova ascrizione.

§ 3. Nel caso di un’ascrizione temporanea, scaduto il suo tempo, il confratello ritorna ad essere immediatamente membro della provincia da cui era stato trasferito, a meno che i Visitatori, dopo aver sentito il confratello, non abbiano convenuto diversamente tra loro, sempre per iscritto, in conformità con gli Statuti.

S 34. Un confratello viene ascritto ad una casa o ad un gruppo costituito a modo di casa, mediante la destinazione fatta dal legittimo Superiore.

C 66. — Nella provincia e nella casa o nel gruppo costituito a modo di casa, dove sono ascritti, i confratelli hanno:

1° i diritti e i doveri secondo le Costituzioni e gli Statuti;

2° un proprio e diretto Superiore locale e maggiore;

3° l’esercizio della voce attiva e passiva.

C 67. — § 1. Il confratello che abbia ottenuto dal Superiore generale o dal Visitatore, con il consenso del loro Consiglio, il permesso di vivere fuori della sua casa o della sua comunità, deve essere ascritto ad una casa o ad una comunità perché possa godere in essa dei suoi diritti ed osservare i propri doveri, in conformità del permesso che gli è stato concesso.

§ 2. Tale permesso venga concesso per una giusta causa, ma non per più di un anno, eccetto che per motivi di salute, di studio o di apostolato da svolgere a nome dell’Istituto.

5. Uscita e dimissione dalla Congregazione

C 68. — Per ciò che riguarda l’uscita e la dimissione dei confratelli, nella Congregazione della Missione ci si deve attenere al diritto universale e proprio.

C 69. — § 1. Un confratello non ancora incorporato alla Congregazione può lasciarla liberamente, dopo aver manifestato la sua decisione ai Superiori.

§ 2. Un confratello non ancora incorporato alla Congregazione può venir dimesso, per giusti motivi, dal Superiore generale o dal Visitatore, dopo aver sentito i rispettivi Consigli e i Superiori del confratello.

C 70. — Il Superiore generale, con il consenso del suo Consiglio, per gravi motivi, può concedere a un confratello incorporato alla Congregazione di vivere, non oltre un triennio, fuori della medesima, purché osservi gli obblighi che possono conciliarsi con la sua nuova condizione di vita. Il confratello però rimane sotto la cura dei Superiori della Congregazione, senza godere, tuttavia, della voce attiva e passiva. Se poi si tratta di un chierico, si richiede anche il consenso dell’Ordinario del luogo in cui deve dimorare, rimanendo anche sotto la sua cura e dipendenza, a norma del c. 745.

C 71. — Il Superiore generale, con il consenso del suo Consiglio, per gravi motivi, può concedere ad un confratello di uscire dalla Congregazione, e dispensarlo dai voti, a norma del c. 743.

C 72. — § 1. Un confratello incorporato alla Congregazione, che si sottrae alla comunione con essa e all’autorità dei Superiori, venga prontamente da questi ricercato e aiutato a perseverare nella sua vocazione.

§ 2. Se poi, dopo sei mesi, il confratello non fosse ritornato, sia privato della voce attiva e passiva e, a norma dell’art. 74 § 2, può essere dimesso con decreto del Superiore generale.

C 73. — § 1. Si deve ritenere ipso facto dimesso dall’Istituto il confratello che:

1° abbia in modo notorio abbandonato la fede cattolica;

2° abbia contratto matrimonio o lo abbia attentato, anche solo civilmente.

§ 2. In tali casi il Superiore maggiore con il suo Consiglio deve senza indugio, raccolte le prove, emettere la dichiarazione del fatto perché la dimissione consti giuridicamente, a norma del c. 694.

C 74. — § 1. Un confratello deve essere dimesso, verificandosi quanto è determinato nei cc. 695, 698, 699 § 1.

§ 2. Un confratello può essere dimesso, verificandosi quanto è determinato nei cc. 696, 697, 698, 699 § 1.

§ 3. In caso di grave scandalo esterno o nel pericolo imminente di un gravissimo danno per l’Istituto, un confratello può essere espulso dalla casa immediatamente da parte del Superiore maggiore oppure, qualora il ritardo risultasse pericoloso, dal Superiore locale con il consenso del suo Consiglio, a norma del c. 703.

C 75. — Il decreto di dimissione sia comunicato il più presto possibile al confratello interessato, salva la sua facoltà di ricorrere alla Sede Apostolica, con effetto sospensivo, entro dieci giorni dalla ricezione della notifica. Perché il decreto di dimissione abbia vigore, si deve osservare il c. 700.

C 76. — § 1. Con la legittima dimissione cessano ipso facto i voti, i diritti e gli obblighi che il confratello aveva nella Congregazione. Se però è un chierico, si deve stare a quanto è prescritto dai cc. 693 e 701.

§ 2. Coloro che legittimamente escono dalla Congregazione, o ne sono legittimamente dimessi, non possono esigere nulla da essa per qualsiasi attività in essa compiuta.

§ 3. La Congregazione deve però osservare l’equità e la carità evangelica verso il confratello che se ne separa, come è stabilito nel c. 702.

S 35. Hanno l’autorità di riammettere in Congregazione:

1° il Superiore generale, sentito il suo Consiglio, per tutti;

2° il Visitatore, sentito il suo Consiglio e il Visitatore della provincia dalla quale il confratello è uscito o fu dimesso, per coloro che non erano ancora stati incorporati alla Congregazione.

Capitolo VI

La formazione

I. – La pastorale vocazionale

S 36. La pastorale vocazionale esige da parte nostra la preghiera assidua (Mt 9, 37) e la testimonianza schietta, totale e gioiosa di una vita apostolica e comunitaria, soprattutto quando gli adolescenti e i giovani lavorano con noi nella missione vincenziana, formandosi nella fede.

S 37. § 1. Le province, le case e i singoli confratelli pongano ogni cura nel suscitare nuovi candidati per la missione vincenziana.

§ 2. Le province studino i mezzi più adatti per promuovere le vocazioni e coltivarle, ed elaborino un piano provinciale che risponda adeguatamente allo scopo.

§ 3. Il Visitatore, sentito il suo Consiglio, nominerà un animatore vocazionale, che dovrà coordinare nelle nostre opere le varie iniziative per promuovere le vocazioni.

S 38. I candidati che desiderano entrare nella Congregazione devono aver già fatto la loro scelta di vita cristiana, il proposito di dedicarsi all’apostolato e la scelta di esercitarlo nella comunità vincenziana. In caso contrario, bisogna aiutarli a fare queste scelte, in modo progressivo, mediante la pastorale giovanile oppure, dove ci sono, nelle Scuole Apostoliche.

S 39. La formazione dei candidati, adeguata alla loro età, si fondi soprattutto sulla vita fraterna, l’ascolto assiduo della parola di Dio, le celebrazioni liturgiche, l’attività apostolica svolta insieme con gli educatori, l’orientamento personale di ciascuno, lo studio e il lavoro.

II. – La formazione

dei membri della Congregazione

1. Principi generali

C 77. — § 1. La nostra formazione deve tendere, con metodo progressivo, a far sì che i confratelli, animati dallo spirito di san Vincenzo, si rendano idonei a compiere la missione della Congregazione.

§ 2. Imparino quindi, ogni giorno di più, che Gesù Cristo è il centro della nostra vita e la regola della Congregazione.

C 78. — § 1. Il periodo della formazione, come tutta la nostra vita, sia ordinato in modo tale che la carità di Cristo ci spinga sempre più a raggiungere il fine della Congregazione. Fine questo che i confratelli, come discepoli del Signore, raggiungeranno mediante il rinnegamento di se stessi e la conversione continua a Cristo.

§ 2. I confratelli si applichino nella meditazione della parola di Dio, nella vita sacramentale, nella preghiera sia comunitaria che personale, e nella pratica della spiritualità vincenziana.

§ 3. Gli studenti inoltre compiano in modo regolare gli studi prescritti dalle leggi della Chiesa, così che possano acquistare la scienza necessaria.

§ 4. Tutti, fin da principio, secondo la preparazione personale di ciascuno, si esercitino convenientemente nella pastorale, soprattutto insieme con i loro Superiori. Si accostino anche ai poveri per conoscere da vicino la loro reale condizione di vita. In questo modo ognuno potrà scoprire più facilmente la sua specifica vocazione nella comunità, rispondente alle sue attitudini personali.

§ 5. Le norme pedagogiche siano applicate, tenendo conto dell’età degli alunni, in modo tale che, mentre a poco a poco imparano a dominare se stessi, si abituino anche ad usare della loro libertà con saggezza, ad agire con spontaneità e avvedutezza, e raggiungano la maturità cristiana.

C 79. — I confratelli, rispondendo alla chiamata di Dio in comunità, durante il periodo della loro formazione imparino a vivere la vita comunitaria vincenziana. La comunità, da parte sua, durante tutto il corso della formazione, assecondi le iniziative personali di ciascuno.

C 80. — Nella formazione dei confratelli, si curi il coordinamento tra i vari settori della formazione e sia rispettata un’organica unità tra i successivi periodi educativi. Tutto poi venga disposto in modo tale che tenda al fine pastorale della Congregazione.

C 81. — La formazione dei confratelli deve continuare e rinnovarsi durante tutta la vita.

S 40. Oltre alla formazione comune, occorre, nei limiti del possibile, provvedere per ciascuno dei nostri giovani una formazione professionale specifica, che li renda idonei a compiere con efficacia le opere di apostolato loro assegnate dalla Congregazione e più corrispondenti alle loro attitudini.

S 41. § 1. Ogni provincia elaborerà un piano di formazione che sia in accordo con i principi sopra indicati, con i documenti e le direttive della Chiesa e della Congregazione della Missione, e che risponda alle diverse esigenze locali.

§ 2. Il Visitatore, da parte sua, nomini una commissione per la formazione, la quale avrà l’incarico di elaborare e di aggiornare il piano per la formazione, e di trattare quanto è connesso con il graduale processo educativo.

S 42. Ogni provincia provveda, con l’aiuto della commissione per la formazione, a regolare e a favorire la formazione permanente sia comunitaria che personale.

2. Il seminario interno

C 82. — I candidati, per essere ammessi al seminario interno, tra le condizioni richieste, devono mostrare d’avere attitudine a realizzare in comunità la vocazione vincenziana.

C 83. — § 1. Il seminario interno è il tempo in cui i confratelli iniziano la missione e la vita nella Congregazione e, con l’aiuto della comunità e dei superiori, conoscono più a fondo la loro vocazione, e attraverso una formazione speciale si preparano in libertà alla loro incorporazione nella Congregazione.

§ 2. Il seminario interno deve durare almeno dodici mesi, continui o suddivisi. Se i mesi sono suddivisi, toccherà all’Assemblea provinciale determinare il numero dei mesi continui, e stabilire a quale punto del corso degli studi debba essere inserito il periodo del seminario interno.

C 84. — Tutto l’ordinamento di questo periodo deve perciò far sì che i seminaristi:

1° raggiungano una più completa maturità;

2° siano iniziati, in modo progressivo, ad una conoscenza e ad una esperienza adeguate della missione apostolica e della vita della Congregazione;

3° giungano, soprattutto nella preghiera, all’esperienza di Dio.

C 85. — Per raggiungere questo scopo, i seminaristi avranno cura di:

1° acquistare una conoscenza adeguata e concreta degli uomini, particolarmente dei poveri, dei loro bisogni, delle loro aspirazioni e dei loro problemi;

2° approfondire la conoscenza dell’indole propria, dello spirito e dei ministeri della Congregazione, rifacendosi alle fonti, in modo particolare alla vita e alle opere di san Vincenzo, alla storia e alle tradizioni della Congregazione e ad un’attiva e congrua partecipazione del nostro apostolato;

3° dare largo spazio allo studio e alla meditazione del Vangelo e di tutta la Sacra Scrittura;

4° rendersi parte attiva del mistero e della missione della Chiesa, quale comunità di salvezza;

5° conoscere e vivere le massime evangeliche, in particolar modo la castità, la povertà e l’obbedienza, secondo il pensiero di san Vincenzo.

C 86. — I seminaristi sono intimamente inseriti nella comunità provinciale e locale presso la quale vivono, e della loro formazione è responsabile tutta la comunità, sotto la guida e l’animazione del Direttore del seminario interno.

S 43. Il Seminario interno, secondo le necessità, può essere provinciale o interprovinciale. Nei due casi può compiersi in una o in più case della Congregazione scelte dal Visitatore o dai Visitatori interessati, con il consenso dei loro Consigli.

S 44. In circostanze particolari, e considerando la maturità umana e cristiana dei candidati, il Visitatore potrà fare opportuni adattamenti.

3. Il seminario maggiore

C 87. — § 1. Il tempo del seminario maggiore ha lo scopo di dare una formazione completa al sacerdozio ministeriale vincenziano, in modo che gli studenti, sull’esempio di Cristo evangelizzatore, si formino alla predicazione del Vangelo, alla celebrazione del culto divino e alla cura pastorale dei fedeli.

§ 2. Secondo lo spirito di san Vincenzo e la tradizione della Congregazione, la formazione dei nostri studenti sia rivolta principalmente al ministero della parola e all’esercizio della carità verso i poveri.

C 88. — La formazione dei nostri studenti sia così strettamente inserita nella realtà sociale, che gli studi aiutino a formarsi una visione e un giudizio critico del mondo contemporaneo. Gli studenti inoltre, attraverso la conversione del cuore, comincino a prender parte, in modo efficace, all’impegno cristiano di instaurare la giustizia, acquistino una sempre più profonda consapevolezza delle radici della povertà nel mondo, e scoprano quali sono gli ostacoli che rendono difficile l’evangelizzazione. Tutto questo programma deve attuarsi alla luce della parola di Dio e sotto la guida dei superiori.

C 89. — Si favoriscano negli studenti la maturità affettiva e le attitudini missionarie, quali: l’abilità a dar vita e a dirigere comunità, il senso di responsabilità, la capacità di giudizio e il suo esercizio, la prontezza alla generosità, la forza di obbligarsi fermamente a realizzare il fine della Congregazione.

C 90. — Il Visitatore deve stabilire un conveniente periodo di tempo durante il quale gli studenti, terminato il corso teologico, esercitino l’ordine del diaconato, prima di essere ammessi al presbiterato.

S 45. § 1. La casa del seminario maggiore può essere, a seconda delle necessità, propria a ciascuna provincia o comune a più province.

§ 2. Per compiere il corso degli studi ecclesiastici, i nostri studenti possono essere inviati in un’altra provincia o ad un istituto approvato. In tal caso però si provveda che essi conducano vita comune, secondo le consuetudini della Congregazione, e ricevano una conveniente formazione vincenziana.

§ 3. Nelle case di formazione fiorisca la vita di famiglia e si pongano le premesse per una fraternità tra membri della stessa provincia. Se però gli studenti fossero numerosi, si possono dividere, con criteri opportuni, in gruppi minori, per provvedere meglio alla formazione personale di ciascuno.

S 46. Il Visitatore, sentiti i Superiori e il suo Consiglio, può, per giusti motivi, concedere agli studenti, durante il periodo della formazione, di interrompere gli studi e di vivere fuori della casa di formazione.

S 47. Si favorisca la mutua conoscenza tra gli studenti delle diverse province della Congregazione.

4. La formazione dei Fratelli

C 91. — § 1. Si abbia una cura particolare di formare i fratelli al compimento fedele della loro missione nella Congregazione. Tutto ciò che nelle Costituzioni e negli Statuti è disposto circa la formazione, venga applicato anche per la formazione dei fratelli.

§ 2. Occorre quindi che la loro formazione nel seminario interno sia uguale a quella degli altri confratelli, a meno che situazioni particolari non consiglino altrimenti.

§ 3. Quanto alla formazione dei fratelli che debbano essere promossi al diaconato permanente, si osservino le Norme provinciali.

S 48. Una formazione culturale e professionale specifica per i fratelli deve essere debitamente realizzata attraverso un corso di studio legalmente riconosciuto, affinché essi possano conseguire un titolo o un diploma conveniente.

C 92. — I fratelli vengano inseriti nell’apostolato gradualmente, affinché apprendano a considerare, giudicare e compiere ogni cosa alla luce della fede, e attraverso l’azione imparino a formarsi e a perfezionarsi insieme con gli altri.

5. I Superiori e gli insegnanti

C 93. — L’intera comunità provinciale deve sentirsi responsabile della formazione degli studenti, in modo che ogni confratello offra la sua collaborazione a questa medesima opera.

C 94. — Poiché la formazione degli studenti dipende principalmente dalla idoneità di coloro che li formano, occorre che i Superiori e gli insegnanti siano preparati con una solida dottrina, con una conveniente esperienza pastorale e con una formazione specifica.

C 95. — § 1. Superiori e studenti devono costituire una vera comunità educativa mediante la disponibilità alla mutua comprensione e alla fiducia reciproca, e vivendo tra loro in abituale ed attiva familiarità.

§ 2. Questa comunità educativa, aperta alla collaborazione degli altri gruppi, sottoponga i suoi piani e le sue attività ad una revisione costante.

§ 3. I Superiori operino collegialmente; tuttavia la cura specifica e diretta dei seminaristi e degli studenti sia affidata ad un confratello o, se necessario, a più confratelli.

S 49. Il seminario maggiore, quale centro di formazione, aiuti i confratelli impegnati nelle diverse attività. Gli stessi educatori e insegnanti si dedichino a opere di apostolato.

S 50. Si abbia cura che nelle case di formazione vi siano, secondo la necessità, confratelli idonei che esercitino l’ufficio di confessori e di direttori spirituali.

PARTE TERZA

L’ORGANIZZAZIONE

Sezione I. — IL GOVERNO

Principi generali

C 96. — Tutti i confratelli, essendo chiamati a lavorare per continuare la missione di Cristo, hanno il diritto e il dovere di cooperare al bene della comunità apostolica e di partecipare al suo governo, a norma del diritto proprio. Pertanto i confratelli cooperino in modo attivo e responsabile sia nell’esercitare gli uffici, sia nell’intraprendere opere di apostolato, sia nell’eseguire quanto è prescritto.

C 97. — § 1. Coloro che nella Congregazione esercitano l’autorità, che viene da Dio, e coloro che in qualsiasi modo partecipano al suo esercizio, anche nelle Assemblee e nei Consigli, abbiano davanti agli occhi l’esempio del Buon Pastore, che non è venuto per essere servito ma per servire. Perciò, consapevoli della loro responsabilità davanti a Dio, si considerino a servizio della comunità per promuovere il fine che le è proprio secondo lo spirito di san Vincenzo, in una vera comunione di apostolato e di vita.

§ 2. Pertanto instaurino con i confratelli un rapporto di dialogo, ferma restando l’autorità loro propria di decidere e di comandare ciò che va fatto.

C 98. — Tutti i confratelli, nell’adempimento degli incarichi loro affidati dalla comunità, godono del potere sufficiente per esercitarli. Non siano perciò avocate a un grado superiore dell’autorità quelle cose alle quali possono provvedere o i singoli confratelli o i gradi inferiori dell’autorità.

Si mantenga però quell’unità di governo, che è necessaria per raggiungere il fine e il bene di tutta la Congregazione.

C 99. — La Congregazione della Missione, con le sue case e le sue chiese, e tutti i suoi membri, per concessione speciale dei Romani Pontefici, godono dell’esenzione dalla giurisdizione degli Ordinari del luogo, eccetto i casi contemplati dal diritto.

C 100. — L’Assemblea generale, il Superiore generale, i Visitatori e i Superiori delle case e delle comunità legittimamente costituite, hanno sui loro confratelli la potestà definita dal diritto universale e proprio; hanno inoltre la potestà ecclesiastica di governo, ossia di giurisdizione, per il foro esterno ed interno. I Superiori perciò devono essere insigniti dell’ordine sacro.

Capitolo I

L’amministrazione centrale

1. Il Superiore generale

C 101. — Il Superiore generale, successore di san Vincenzo, insieme con tutta la Congregazione, continua la missione del Fondatore, adattata secondo le diverse circostanze, al servizio della Chiesa universale. Perciò governi la Congregazione con tale sollecitudine che il carisma di san Vincenzo rimanga sempre vivo nella Chiesa.

C 102. — Il Superiore generale, centro di unità e di coordinamento delle province, sia anche principio di animazione spirituale e di azione apostolica.

C 103. — Il Superiore generale governa tutte le province, le case e i singoli confratelli della Congregazione con potestà ordinaria, a norma del diritto universale e proprio. Il Superiore generale tuttavia è soggetto all’autorità dell’Assemblea generale, a norma del diritto.

C 104. — Il Superiore generale ha l’autorità di dare soltanto l’interpretazione usuale delle Costituzioni, degli Statuti e dei Decreti dell’Assemblea generale.

C 105. — § 1. Il Superiore generale viene eletto dall’Assemblea generale, a norma dell’art. 140 delle Costituzioni.

§ 2. Per la validità dell’elezione del Superiore generale si richiedono le condizioni che il candidato deve avere a norma del diritto universale e proprio.

§ 3. Il Superiore generale viene eletto per un sessennio, e può essere rieletto per un secondo sessennio, a norma del diritto proprio della Congregazione.

§ 4. Il sessennio si considera compiuto ad accettazione avvenuta dell’ufficio da parte del successore nella seguente Assemblea generale ordinaria.

C 106. — § 1. Il Superiore generale cessa dal suo ufficio:

1° per accettazione dell’ufficio da parte del suo successore;

2° per sua rinunzia accettata dall’Assemblea generale o dalla Sede Apostolica;

3° per deposizione decisa dalla Sede Apostolica.

§ 2. Se il Superiore generale fosse diventato chiaramente indegno o inabile ad assolvere il suo ufficio, spetta agli Assistenti giudicare collegialmente il caso e informarne la Sede Apostolica, alle cui disposizioni ci si dovrà attenere.

C 107. — Oltre alle facoltà che gli sono attribuite dal diritto universale o per concessione speciale, spetta al Superiore generale:

1° adoperarsi con grande diligenza affinché lo spirito del Fondatore sia dovunque autentico e fervoroso; l’attività apostolica della Congregazione e l’aggiornamento della medesima siano continuamente promossi; le Costituzioni e gli Statuti vengano applicati con la massima esattezza;

2° con il consenso del suo Consiglio, emanare disposizioni generali per il bene della Congregazione;

3° con il consenso del suo Consiglio e dopo aver consultato i confratelli interessati, fondare province, unirle, dividerle, sopprimerle, nel rispetto delle norme del diritto;

4° convocare l’Assemblea generale e presiederla, e dimettere i partecipanti con il consenso dell’Assemblea stessa;

5° con il consenso del suo Consiglio e dopo aver sentito i Consultori provinciali, rimuovere dal suo ufficio, per gravi motivi, un Visitatore;

6° con il consenso del suo Consiglio e dopo aver sentito gli interessati, a norma del c. 733 § 1, erigere case e costituire comunità locali, e sopprimerle, salva l’autorità del Visitatore;

7° con il consenso del suo Consiglio e dopo aver sentito i Visitatori interessati, erigere, per gravi motivi, case di una Provincia nel territorio di un’altra;

8° per giusti motivi e con il consenso del suo Consiglio, erigere case che non dipendano da nessuna provincia, e siano rette da un Superiore locale alla diretta dipendenza del Superiore generale, e nominarne i Superiori;

9° con il consenso del suo Consiglio, dare ai confratelli il permesso di emettere i voti, e ammetterli agli ordini; dispensare, per gravi motivi, dai voti, sia nel caso che uno legittimamente si ritiri, sia che venga dimesso;

10° dimettere i confratelli dalla Congregazione, a norma del diritto universale e proprio;

11° con il consenso del suo Consiglio, in casi straordinari e per gravi motivi, dispensare dalle Costituzioni;

12° con il consenso del suo Consiglio, approvare le Norme stabilite dalle Assemblee provinciali.

S 51. — Oltre alle facoltà che gli vengono attribuite dal diritto universale, o per concessione speciale, al Superiore generale compete:

1° esercitare nei confronti delle viceprovince le medesime facoltà che ha per le province;

2° salvo il diritto di compiere la visita canonica, se le circostanze lo richiedono, visitare, almeno una volta durante il suo mandato, personalmente o per mezzo di altri, le province e le viceprovince per animarle e rendersi conto della situazione loro e dei confratelli;

3° a) con il consenso del suo Consiglio e dopo aver consultato gli interessati, accettare missioni offerte alla Congregazione dalla Sede Apostolica o dagli Ordinari del luogo, tenendole sotto la propria giurisdizione o affidandole a una provincia o a un gruppo di province; rinunciare a quelle che le erano state affidate;

b) con il consenso del suo Consiglio e dopo aver sentito gli interessati, costituire delle équipes missionarie sotto la propria giurisdizione o affidarle a una provincia o a un gruppo di province.

4° concedere ai Visitatori la facoltà di accettare o di rifiutare missioni concesse dagli Ordinari del luogo fuori del territorio di qualsiasi provincia della Congregazione;

5° con il consenso del suo Consiglio, e dopo aver sentito i Visitatori e i Vicevisitatori, a tempo opportuno, prima dell’Assemblea generale, nominare la commissione preparatoria;

6° promulgare quanto prima le decisioni dell’Assemblea generale;

7° con il consenso del suo Consiglio, e nel rispetto delle norme stabilite, stipulare i contratti di maggiore rilievo;

8° per motivi gravi, con il consenso del suo Consiglio, e dopo aver sentito il Visitatore della provincia, i Consultori e, se il tempo lo consente, un gran numero di confratelli, governare per breve tempo una provincia mediante un amministratore munito delle facoltà delegate dallo stesso Superiore generale;

9° con il consenso del suo Consiglio e dopo aver sentito i Visitatori e i confratelli interessati, trasferire confratelli da una provincia ad un’altra;

10° concedere a confratelli legittimamente separati dalla Congregazione i suffragi in uso per i nostri defunti;

11° con il consenso del suo Consiglio, in casi particolari e per giusti motivi, dispensare dagli Statuti e dai Decreti dell’Assemblea generale;

12° con il consenso del suo Consiglio e dopo aver consultato i Visitatori interessati, nominare i Direttori delle Figlie della Carità;

13° concedere l’affiliazione a benefattori e amici della Congregazione, indicando i benefici spirituali che loro spettano;

14° con il consenso del suo Consiglio, incitare le province a partecipare alle attività missionarie internazionali (opere, impegni);

15° con il consenso del suo Consiglio, e udite le parti interessate, costituire delle regioni al di fuori del territorio delle province e approvare le regioni erette dai Visitatori;

16° con il consenso del suo Consiglio, approvare lo Statuto di ogni Conferenza di Visitatori;

17° organizzare il lavoro del Consiglio generale e i servizi degli Assistenti generali.

S 52. — Il Superiore generale ha il suo domicilio in Roma. Non può cambiarlo senza il consenso dell’Assemblea generale e senza aver prima consultato la Sede Apostolica.

S 53. — Le disposizioni emanate dal Superiore generale hanno vigore fino alla seguente Assemblea generale, a meno che non sia stato stabilito diversamente dallo stesso Superiore generale o dal suo successore.

S 54. — I Visitatori, i Superiori e gli altri ufficiali della Congregazione, come pure i Direttori provinciali delle Figlie della Carità, terminato il loro mandato, rimangono in carica fino all’entrata in servizio dei loro successori; questo per una ragione di buon ordine.

2. Il Vicario generale

C 108. — Il Vicario generale coadiuva il Superiore generale e lo sostituisce nell’ufficio quando è assente o impedito, a norma del diritto proprio.

C 109. — Il Vicario generale viene eletto dall’Assemblea generale, a norma del diritto proprio. Per il fatto di essere stato eletto Vicario generale, diventa anche Assistente generale.

C 110. — In caso di assenza del Superiore generale, il Vicario generale ne assume interamente l’autorità, a meno che il Superiore generale non abbia riservato a sé qualche cosa.

C 111. — In caso di impedimento del Superiore generale, il Vicario generale lo sostituisce di pieno diritto fino alla cessazione dell’impedimento. Di tale impedimento giudica il Consiglio generale, assente il Superiore generale, ma presente il Vicario generale.

C 112. — Se, per qualsiasi motivo, si rende vacante l’ufficio di Superiore generale, il Vicario generale diventa ipso facto Superiore generale fino allo scadere del sessennio. Egli poi, con il consenso del suo Consiglio e dopo aver sentito almeno i Visitatori e i Vicevisitatori, nomina al più presto, tra gli Assistenti, il Vicario generale.

C 113. — Se, per qualsiasi motivo, viene a mancare il Vicario generale, il Superiore generale, con il consenso del suo Consiglio e dopo aver sentito almeno i Visitatori e i Vicevisitatori, nomina al più presto, tra gli Assistenti, il Vicario generale.

C 114. — Il Vicario generale cessa dal suo ufficio a norma del diritto universale e proprio.

S 55. § 1. Il Vicario generale cessa dal suo ufficio:

1° per accettazione dell’ufficio da parte del suo successore;

2° per rinuncia accettata dall’Assemblea generale o dalla Sede Apostolica;

3° per deposizione decisa dalla Sede Apostolica.

§ 2. Se il Vicario generale fosse diventato chiaramente indegno o inabile ad assolvere il suo ufficio, spetterà al Superiore generale con il suo Consiglio, escluso però lo stesso Vicario generale, giudicare il caso e informarne la Sede Apostolica, alle cui disposizioni ci si dovrà attenere.

S 56.  Il Vicario generale che abbia assunto il governo della Congregazione come Superiore generale, allo scadere del sessennio può venire immediatamente eletto Superiore generale, ed essere anche rieletto.

3. Gli Assistenti generali

C 115. — Gli Assistenti generali sono membri della Congregazione che formano il Consiglio del Superiore generale, lo aiutano con la loro collaborazione e i loro suggerimenti nel governo della Congregazione, affinché ne sia promossa l’unità e l’efficienza, siano attuate le Costituzioni e le deliberazioni delle Assemblee generali, e tutte le province collaborino nel promuovere le opere della Congregazione.

C 116. — § 1. Gli Assistenti generali vengono eletti dall’Assemblea generale, a norma del diritto proprio.

§ 2. Gli Assistenti generali vengono eletti, in numero di almeno quattro, da province diverse, per sei anni, e possono essere rieletti una volta sola. Concluso il secondo sessennio consecutivo, non possono venire immediatamente eletti all’ufficio di Vicario generale.

§ 3. Il sessennio si considera compiuto ad accettazione avvenuta dell’ufficio da parte dei successori nella seguente Assemblea generale ordinaria.

S 57. Fermo restando quanto stabilito nelle Costituzioni, art. 116 § 2:

§ 1. Gli Assistenti generali sono eletti da diverse province e tenendo conto, per quanto possibile, delle varie culture presenti nella Congregazione.

§ 2. Il numero degli Assistenti generali è determinato dall’Assemblea generale.

S 58. Gli Assistenti devono risiedere nella casa in cui risiede il Superiore generale. Per formare il Consiglio generale, oltre al Superiore generale o al Vicario generale, si richiede la presenza di almeno due Assistenti.

S 59. Tuttavia, qualora, per una giusta causa, fossero assenti gli Assistenti generali, in modo da venire a mancare il numero richiesto per il Consiglio, il Superiore generale può chiamare a prendere parte allo stesso Consiglio, con diritto di voto, uno degli ufficiali della Curia generalizia, nell’ordine seguente: il Segretario generale, l’Economo generale, o il Procuratore generale presso la Sede Apostolica.

C 117. — L’ufficio degli Assistenti generali cessa a norma del diritto proprio.

S 60. Gli Assistenti generali cessano dal loro ufficio:

1° per accettazione dell’ufficio da parte dei loro successori;

2° per rinuncia accettata dal Superiore generale con il consenso degli altri Assistenti o dall’Assemblea generale;

3° per deposizione decisa dal Superiore generale con il consenso degli altri Assistenti, e approvata dalla Sede Apostolica.

C 118. — § 1. Se qualcuno degli Assistenti cessa dal suo ufficio, un sostituto viene nominato dal Superiore generale con voto deliberativo degli altri Assistenti; il sostituto ha gli stessi diritti e obblighi degli altri Assistenti.

§ 2. Ma se entro sei mesi si deve tenere l’Assemblea generale, il Superiore generale non è tenuto a nominare un sostituto.

4. Gli Ufficiali della Curia generalizia

C 119. — § 1. Il Segretario generale, l’Economo generale e il Procuratore generale presso la Sede Apostolica vengono nominati dal Superiore generale, con il consenso del suo Consiglio, al di fuori del numero degli Assistenti generali.

§ 2. Essi rimangono in carica a discrezione del medesimo Superiore generale con il consenso del suo Consiglio; a motivo del loro ufficio, sono ascritti alla casa della Curia generalizia.

§ 3. Quando siano chiamati dal Superiore generale, possono partecipare al Consiglio generale, ma non hanno diritto di voto, eccetto i casi previsti negli Statuti.

§ 4. Partecipano all’Assemblea generale con diritto di voto.

S 61. § 1. Il Segretario generale:

1° è a servizio del Superiore generale per redigere gli atti che riguardano l’intera Congregazione;

2° partecipa per ufficio al Consiglio generale, ma senza voto, con l’incarico di redigerne gli atti;

3° può suggerire al Superiore generale nomi di confratelli perché, a norma del diritto proprio, li nomini come suoi collaboratori, sotto la sua direzione, per l’ordinamento dell’archivio, per curare le pubblicazioni e attendere alla corrispondenza.

§ 2. Se il Segretario generale fosse impedito dall’attendere al suo ufficio, spetta al Superiore generale nominare temporaneamente uno degli Assistenti o uno degli ufficiali o uno dei suoi collaboratori che lo sostituisca.

S 62. § 1. L’Economo generale, in forza del suo ufficio, amministra, sotto la direzione del Superiore generale con il suo Consiglio e a norma del diritto universale e proprio, i beni della Congregazione e quelli affidati alla Curia generalizia.

§ 2. Col consenso del Superiore generale visita gli Economi provinciali, anzi, in particolari situazioni, anche gli Economi delle case o gli amministratori delle opere di maggiore importanza.

S 63. § 1. Al Procuratore generale presso la Sede Apostolica spetta:

1° occuparsi delle richieste di facoltà ordinarie da ottenere dalla Sede Apostolica;

2° trattare presso la Sede Apostolica, con il consenso del Superiore generale, e dopo aver sentito i Visitatori interessati, gli affari della Congregazione, delle province, delle case e dei confratelli.

§ 2. Il Procuratore generale presso la Sede Apostolica, per incarico conferito per iscritto dal Superiore generale, può, a norma del diritto, esercitare l’ufficio di Postulatore generale della Congregazione presso la Curia Romana.

Capitolo II

L’amministrazione provinciale,

regionale e locale

1. Le province e le viceprovince

C 120. — La Congregazione della Missione è divisa in province, a norma del diritto proprio.

C 121. — La Congregazione è divisa anche in viceprovince, a norma del diritto proprio.

C 122. — La provincia è l’insieme di più case, circoscritta da confini territoriali. A capo di essa è posto il Visitatore con potestà ordinaria propria, a norma del diritto universale e proprio.

S 64. — Sebbene ogni provincia sia circoscritta da confini territoriali, nulla impedisce che una casa di una provincia, a norma dell’a. 107, 7° delle Costituzioni, si trovi nel territorio di un’altra provincia.

S 65. — § 1. La viceprovincia è l’unione di più case, circoscritta da confini territoriali, che, in base a una convenzione intervenuta con una provincia, ne dipende e forma con essa un tutt’uno. A capo di essa c’è un Vicevisitatore, con potestà ordinaria propria, a norma del diritto universale e proprio.

§ 2. Può essere costituita anche una viceprovincia che dipenda non da una provincia pienamente costituita, ma direttamente dall’autorità del Superiore generale; ne è a capo un Vicevisitatore con potestà ordinaria propria.

§ 3. La viceprovincia è, per sua natura, provvisoria. Essa diventerà provincia quando si verifichino le condizioni richieste.

§ 4. Ciò che nelle Costituzioni e negli Statuti viene stabilito circa le province, vale, fatte le debite proporzioni, anche per la viceprovincia, a meno che, in modo esplicito, non sia detto diversamente nelle stesse Costituzioni e negli Statuti o nelle Norme e convenzioni di ciascuna viceprovincia.

S 66. § 1. Quando dalla divisione di una provincia se ne fonda un’altra distinta dalla prima, anche tutti i beni che erano a disposizione della provincia, e i debiti contratti dalla medesima, devono venir divisi dal Superiore generale col suo Consiglio proporzionalmente secondo giustizia ed equità, rispettando le intenzioni dei fondatori o donatori, i diritti legittimamente acquisiti, e anche le Norme proprie secondo cui è retta la provincia.

§ 2. La divisione dell’archivio della provincia madre è riservata alla decisione del Superiore generale, dopo aver sentito i Visitatori interessati.

2. Il Visitatore e il Vicevisitatore

C 123. — § 1. Il Visitatore è un Superiore maggiore, ordinario, con potestà ordinaria propria, che è preposto ad una provincia perché la governi a norma del diritto universale e proprio.

§ 2. Il Visitatore, sollecito dell’attiva partecipazione di tutti alla vita e all’apostolato della provincia, destini i confratelli e i beni a servizio della Chiesa, secondo il fine della Congregazione; dia impulso ai ministeri delle case; si mostri premuroso del progresso personale e dell’attività dei singoli, promuovendo un’unione vitale.

S 67.  Ciò che nelle Costituzioni e negli Statuti viene stabilito circa il Visitatore, vale anche per il Vicevisitatore, a meno che nelle Costituzioni o negli Statuti stessi, o nelle Norme e nelle convenzioni di ciascuna viceprovincia, non venga esplicitamente disposto in altro modo.

C 124. — Il Superiore generale, con il consenso del suo Consiglio, a norma del diritto proprio, nomina il Visitatore dopo una consultazione della provincia, o lo conferma dopo un’elezione.

S 68. § 1. Il Visitatore è nominato per sei anni dal Superiore generale col consenso del suo Consiglio, dopo aver consultato almeno i membri della provincia che hanno voce attiva. Allo stesso modo e alle stesse condizioni, il Visitatore può essere confermato dal Superiore generale una volta per un triennio.

§ 2. Le modalità e le circostanze della consultazione possono essere stabilite dall’Assemblea provinciale con l’approvazione del Superiore generale con il consenso del suo Consiglio.

§ 3. L’Assemblea provinciale può proporre all’approvazione del Superiore generale, con il consenso del suo Consiglio, un modo proprio di elezione del Visitatore. Ma questa elezione deve riunire almeno le condizioni seguenti:

1° che l’incarico non sia inferiore a tre anni e non oltrepassi sei anni;

2° che il Visitatore eletto non resti in carica oltre nove anni continui;

3° che nei primi due scrutini sia richiesta la maggioranza assoluta dei voti, tolte le schede nulle; che al terzo scrutinio godano di voce passiva solo i due che nel secondo scrutinio hanno ottenuto il maggior numero di voti, anche se uguale;

4° in caso di parità di voti, si riterrà eletto il più anziano di vocazione o di età.

§ 4. Perché il Visitatore eletto o rieletto possa entrare in carica, si richiede la conferma del Superiore generale con il consenso del suo Consiglio.

C 125. — È compito del Visitatore:

1° promuovere l’osservanza delle Costituzioni, degli Statuti e delle Norme provinciali;

2° con il consenso del suo Consiglio, emanare disposizioni per il bene della provincia;

3° con il consenso del suo Consiglio e dopo aver consultato il Superiore generale, erigere case e costituire comunità locali, e sopprimerle, entro i confini della sua provincia e a norma del c. 733 § 1;

4° con il consenso del suo Consiglio e dopo aver consultato i confratelli, nominare i Superiori delle case, ed informare il Superiore generale della nomina fatta;

5° con il consenso del suo Consiglio, dopo aver consultato gli interessati e con l’approvazione del Superiore generale, nominare un Superiore regionale con potestà delegata;

6° visitare con frequenza le case e i confratelli, e per ufficio almeno ogni due anni;

7° convocare, a norma del diritto proprio, l’Assemblea provinciale e presiederla; dimettere i partecipanti con il consenso dell’Assemblea stessa e promulgare le Norme provinciali;

8° ammettere al seminario interno, ai proponimenti e ai voti i candidati, a norma delle Costituzioni e degli Statuti;

9° dopo aver consultato i Superiori e i direttori dei candidati, ammettere questi ai « ministeri » e, con il consenso del suo Consiglio, agli ordini;

10° presentare i confratelli per gli ordini e rilasciare le lettere dimissorie per la loro ordinazione;

11° dopo aver sentito il suo Consiglio e consultato i loro Superiori, dimettere confratelli non ancora incorporati alla Congregazione.

S 69. È compito del Visitatore:

1° elaborare il progetto provinciale, secondo le Norme provinciali e con il consenso del suo Consiglio;

2° con il consenso del suo Consiglio e dopo aver consultato il Superiore generale, nel rispetto delle norme stabilite, fondare o sopprimere un’opera di grande rilievo per una casa;

3° dopo aver sentito il suo Consiglio e dopo aver consultato, per quanto possibile, gli interessati, destinare i confratelli alle diverse case, secondo le necessità delle medesime. Nei casi più urgenti, tuttavia, il Visitatore deve almeno informare il suo Consiglio;

4° con il consenso del suo Consiglio e seguendo le Norme provinciali, nominare l’Economo provinciale e il Direttore del seminario interno e del seminario maggiore;

5° approvare il progetto comunitario delle case, preparato dal Superiore locale con la sua comunità;

6° mandare al Superiore generale le relazioni sullo stato della provincia e delle visite d’ufficio fatte alle case;

7° con il consenso del suo Consiglio, stipulare contratti necessari ed utili, a norma del diritto universale e proprio;

8° dopo aver sentito il suo Consiglio, nominare, in tempo utile, la commissione preparatoria per l’Assemblea provinciale;

9° usufruire della prerogativa di dirimere la parità di voti, a norma del diritto;

10° informare quanto prima il Superiore generale dell’emissione dei voti fatta dai confratelli e della loro incorporazione alla Congregazione, e degli ordini da essi ricevuti;

11° aver cura, personalmente o con l’aiuto di persone competenti, dell’archivio provinciale;

12° approvare i confratelli e dar loro la giurisdizione per le confessioni dei membri della Comunità, ed anche, salvo il diritto dell’Ordinario del luogo, per la sacra predicazione della parola di Dio, e delegare ad altri le stesse facoltà;

13° con il consenso del suo Consiglio e per giusti motivi, dispensare dalle Norme provinciali in casi particolari;

14° regolarizzare la situazione dei missionari che si trovano in situazioni irregolari.

S 70. Il Vicevisitatore ha gli stessi diritti, le stesse facoltà e gli stessi doveri del Visitatore, a meno che nelle Costituzioni e negli Statuti non sia espressamente disposto in altro modo.

S 71. Le disposizioni del Visitatore rimangono in vigore fino all’Assemblea provinciale seguente, a meno che non sia stato disposto in altro modo dal Visitatore stesso o dal suo successore.

S 72. — § 1. Quando si renda vacante l’ufficio di Visitatore, il governo della provincia passa temporaneamente all’Assistente del Visitatore; se poi non vi fosse un Assistente, il governo passa al Consultore provinciale più anziano per nomina, per vocazione o per età, a meno che non sia stato disposto diversamente dal Superiore generale.

§ 2. L’Assemblea provinciale può proporre all’approvazione del Superiore generale, con il consenso del suo Consiglio, un modo proprio di provvedere al governo temporaneo della provincia, in caso di morte del Visitatore o nel caso che questi cessi dall’ufficio.

3. L’Assistente del Visitatore

C 126. — Il Visitatore può avere un Assistente, fornito delle condizioni richieste dagli aa. 61 e 100, che lo coadiuvi nel governo della provincia. Spetta all’Assemblea provinciale stabilire se vi debba essere o no l’Assistente del Visitatore.

S 73. — § 1. L’Assistente del Visitatore è uno dei Consultori provinciali, e viene eletto dagli stessi Consultori insieme con il Visitatore, a meno che non sia stato disposto diversamente dall’Assemblea provinciale.

§ 2. In assenza del Visitatore, l’Assistente ha la medesima autorità del Visitatore, eccetto per quanto il Visitatore ha riservato a sé.

§ 3. In caso di impedimento del Visitatore, l’Assistente lo sostituisce a tutti gli effetti, per la durata dell’impedimento. Sarà poi il Consiglio provinciale, senza il Visitatore, a giudicare circa l’impedimento e a informarne al più presto il Superiore generale, alle cui disposizioni ci si dovrà attenere.

4. Il Consiglio del Visitatore

C 127. — I Consultori, che formano il Consiglio del Visitatore, lo aiutano con la loro collaborazione e i loro consigli nel governo della provincia per promuoverne l’unità e la vitalità, per far attuare le Costituzioni e le decisioni dell’Assemblea provinciale, e perché tutte le case e tutti i confratelli collaborino allo sviluppo delle opere.

S 74. § 1. I Consultori sono nominati dal Visitatore per un triennio, dopo aver consultato almeno i confratelli della provincia che godono di voce attiva. Nel medesimo modo e alle stesse condizioni, i Consultori possono essere confermati per un secondo e per un terzo triennio, ma non per un quarto.

§ 2. L’Assemblea provinciale può proporre all’approvazione del Superiore generale con il consenso del suo Consiglio un modo proprio per designare o eleggere i Consultori, stabilire il loro numero, determinare il tempo della nomina e della durata in carica. Il Visitatore deve informare il Superiore generale dell’avvenuta designazione dei Consultori.

§ 3. Un Consultore provinciale può, per gravi motivi, essere rimosso dall’ufficio dal Superiore generale, su proposta del Visitatore con il consenso degli altri Consultori.

 § 4. Ciò che all’art. 73, § 2 e § 3 si dice dell’Assistente provinciale, vale anche per il Consultore provinciale più anziano per nomina, per vocazione o per età, qualora non vi sia l’Assistente provinciale, a meno che nelle Norme provinciali non sia disposto diversamente.

5. L’Economo provinciale

C 128. — In ogni provincia deve esserci un Economo che amministri i beni della provincia, sotto la direzione e la vigilanza del Visitatore con il suo Consiglio, a norma del c. 636 § 1 e del diritto proprio.

S 75. L’Economo viene nominato dal Visitatore con il consenso del suo Consiglio, o in altro modo stabilito dalle Norme provinciali.

S 76. Se l’Economo provinciale non è consultore, partecipa al Consiglio provinciale quando è convocato dal Visitatore, ma senza diritto di voto.

S 77. è compito dell’Economo provinciale:

1° aver cura che il possesso dei beni della provincia sia legittimo davanti alla legge ecclesiastica e a quella civile;

2° aiutare, con il consiglio e la collaborazione, gli Economi delle case nell’adempimento del loro ufficio, e vigilare sulla loro amministrazione;

3° far sì che ogni casa paghi la somma stabilita per le spese della provincia e mandare, a suo tempo, all’Economo generale la tassa per il fondo generale;

4° assicurarsi che venga pagato il giusto stipendio a coloro che lavorano alle dipendenze della Congregazione, e che si osservino scrupolosamente le leggi civili circa le tasse e le assicurazioni sociali;

5° tenere sempre in ordine i vari registri delle uscite e delle entrate, come pure gli altri documenti;

6° rendere conto della sua amministrazione al Visitatore e al suo Consiglio, a norma dell’art. 103.

6. Le regioni

S 78. § 1. La regione è un territorio, con almeno una casa, che appartiene a una provincia o che dipende direttamente dal Superiore generale.

§ 2. La regione è eretta dal Superiore generale con il suo Consiglio o dal Visitatore con il suo Consiglio, con l’approvazione del Superiore generale (cf. S 51, 15). è affidata a un Superiore regionale.

§ 3. Il Superiore regionale è munito di facoltà delegate dal Superiore generale o dal Visitatore, in vista di favorire la realizzazione della missione propria della Congregazione.

§ 4. Se il Superiore regionale è nominato dal Visitatore con il suo Consiglio, la sua nomina deve essere confermata dal Superiore generale con il suo Consiglio (cf. Cost. 125, 5°).

§ 5. La regione è costituita con una convenzione scritta che precisi le facoltà delegate e gli impegni reciproci tra il Superiore generale o il Visitatore e il Superiore regionale.

§ 6. Una regione può essere costituita sia in vista della sua propria autonomia diventando una viceprovincia o provincia, sia perché una viceprovincia o provincia non può più mantenere la sua autonomia.

§ 7. Perché una regione possa essere eretta in viceprovincia o una viceprovincia in provincia, è necessario che la regione o la viceprovincia abbiano una concreta possibilità di avere vocazioni e una base economica sufficiente per il mantenimento della missione e dei confratelli.

7. Le Conferenze di Visitatori

S 79. — § 1. Per favorire la collaborazione tra le province nel campo della missione, della comunicazione e della formazione, i Visitatori devono costituire delle Conferenze di Visitatori.

§ 2. Queste Conferenze salvaguardino sempre l’unità della Congregazione, l’autonomia delle province e i principi di sussidiarietà e di corresponsabilità.

§ 3. Spetta a ogni Conferenza redigere il proprio Statuto e sottometterlo al Superiore generale con il suo Consiglio.

8. Uffici dell’amministrazione locale

C 129. — § 1. La Congregazione realizza se stessa soprattutto nelle singole comunità locali.

§ 2. Il Superiore, centro di unità e animatore della vita della comunità locale, dia impulso ai ministeri della casa, e si mostri sollecito, con la comunità, del progresso e dell’attività di ciascuno.

C 130. — § 1. Il Superiore locale viene nominato dal Visitatore per un triennio, dopo aver consultato i confratelli della casa o della comunità locale. Nella stessa casa o comunità locale, alle stesse condizioni, può essere nominato per un secondo triennio. Dopo il secondo triennio, se è necessario rinnovarlo, si deve ricorrere al Superiore generale.

§ 2. L’Assemblea provinciale ha la facoltà di stabilire un altro modo di designazione del Superiore locale.

§ 3. Il Superiore locale deve avere i requisiti indicati dagli aa. 61 e 100.

C 131. — A norma del diritto, il Superiore locale ha potestà ordinaria in foro interno e in foro esterno sui confratelli e su coloro che dimorano giorno e notte nella sua casa; e può delegare la medesima potestà ad altri.

S 80. Il Superiore locale ha il diritto e il dovere di:

1° informare il Visitatore sulla situazione della casa affidatagli;

2° assegnare ai confratelli della casa incarichi e uffici, la cui attribuzione non sia riservata ai Superiori maggiori;

3° convocare e dirigere l’Assemblea domestica;

4° preparare, insieme con la comunità, il progetto comunitario della sua casa e sottoporlo all’approvazione del Visitatore;

5° avere un archivio e il sigillo della casa;

6° comunicare ai confratelli i decreti e le notizie della Congregazione;

7° curare che siano soddisfatti gli obblighi di Messe.

S 81. § 1. Il Superiore locale amministra la casa con la collaborazione di tutti i confratelli, specialmente dell’Assistente e dell’Economo, che vengono nominati secondo quanto prescrivono le Norme provinciali.

§ 2. L’Assistente, in assenza del Superiore, ne esercita interamente l’Ufficio, secondo le norme stabilite dal diritto proprio.

§ 3. Gli incontri dei confratelli della comunità, fatti a modo di Consiglio, siano frequenti.

C 132. — § 1. Qualora non vi siano le condizioni per erigere una casa, oppure lo richieda qualche opera, il Visitatore, con il consenso del suo Consiglio, può costituire un gruppo di confratelli a modo di casa, secondo le Norme provinciali.

§ 2. Uno dei confratelli, designato dal Visitatore a norma del diritto, è responsabile di tale gruppo come se fosse Superiore.

§ 3. Un gruppo costituito a modo di casa ha i medesimi diritti ed obblighi di una casa propriamente detta.

C 133. — Il Superiore locale può essere rimosso qualora ciò sembri opportuno al Visitatore, per un motivo giusto e proporzionato, con il consenso del suo Consiglio e con l’approvazione del Superiore generale.

C 134. — § 1. L’Economo amministra i beni della casa sotto la direzione del Superiore, aiutato dal dialogo e dall’interessamento dei confratelli, a norma del diritto universale, della Congregazione e della provincia.

§ 2. Qualora il Visitatore, con il consenso del suo Consiglio, lo giudicasse necessario per qualche casa, venga costituito un Consiglio domestico; i Consultori di casa, che aiutano il Superiore locale nella direzione della casa, siano designati secondo le Norme provinciali.

Capitolo III

Le Assemblee

1. Principi generali

C 135. — Le Assemblee della Congregazione della Missione, che hanno lo scopo di custodire e promuovere la spiritualità e l’attività apostolica della medesima, sono di tre tipi: generale, provinciale e domestica.

S 82. I Superiori e i confratelli preparino le Assemblee e vi partecipino attivamente; osservino poi fedelmente le disposizioni e le norme da esse emanate.

C 136. — § 1. Nessuno può godere di due voti.

§ 2. Le condizioni apposte al voto prima delle elezioni vanno considerate nulle.

§ 3. L’elezione comporta l’obbligo, per chi è stato eletto, di partecipare all’Assemblea o di accettare l’ufficio, a meno che non sia scusato da un motivo grave. Se si tratta di partecipare ad un’Assemblea, il motivo grave deve essere riconosciuto dal Superiore competente, che in seguito ne chiederà l’approvazione all’Assemblea; se invece si tratta dell’accettazione di un ufficio, la gravità del motivo deve essere riconosciuta dall’Assemblea stessa.

§ 4. Nelle Assemblee nessuno può farsi sostituire da un altro di proprio arbitrio.

§ 5. La maggioranza dei voti deve essere computata unicamente in base ai voti validi. Le schede bianche sono nulle.

S 83. § 1. Per le elezioni si richiedono almeno tre scrutatori.

§ 2. Sono scrutatori di diritto, insieme con il presidente e il segretario, dopo la sua elezione, i due membri dell’Assemblea più giovani per età.

§ 3. In apertura di Assemblea si procede all’elezione del segretario, che ha per compito di:

1° svolgere l’incarico di primo scrutatore;

2° stendere le relazioni delle sessioni e redigerne i documenti.

S 84. Prima e durante l’Assemblea si deve favorire il libero scambio di notizie sulle questioni da decidere e sulle qualità di coloro che sono da eleggersi.

S 85. Terminata la trattazione degli argomenti, gli atti dell’Assemblea, approvati dai suoi membri, devono essere sottoscritti dal presidente dell’Assemblea, dal suo segretario e da tutti i partecipanti e, autenticati dal sigillo, devono essere conservati accuratamente in archivio.

2. L’Assemblea generale

C 137. — L’Assemblea generale, che rappresenta direttamente tutta la Congregazione, come sua autorità suprema, ha il diritto di:

1° salvaguardare il patrimonio spirituale dell’Istituto e promuovere, in armonia con esso, un adeguato rinnovamento;

2° eleggere il Superiore generale, il Vicario generale e gli Assistenti generali;

3° emanare leggi, ossia Statuti e Decreti, per il bene della Congregazione, salvo restando il principio di sussidiarietà. Gli Statuti non esplicitamente abrogati rimangono in vigore. I Decreti, invece, perché rimangano in vigore, devono essere esplicitamente confermati;

4° chiedere alla Sede Apostolica, con votazione a maggioranza dei due terzi, modifiche alle Costituzioni da essa approvate;

5° interpretare in modo autentico gli Statuti; l’interpretazione autentica delle Costituzioni invece spetta alla Sede Apostolica.

S 86. L’Assemblea generale ha il diritto di fare Dichiarazioni con valore dottrinale e di indole esortativa.

C 138. — L’Assemblea generale, convocata dal Superiore generale, è da tenersi:

1° come ordinaria, per eleggere il Superiore generale, il Vicario generale e gli Assistenti generali, e per trattare i problemi della Congregazione;

2° come straordinaria, se convocata come tale dal Superiore generale, a norma del diritto proprio.

S 87. § 1. L’Assemblea generale ordinaria si deve tenere nel corso del sesto anno successivo all’ultima Assemblea generale ordinaria.

§ 2. L’Assemblea generale straordinaria si tiene ogni qualvolta il Superiore generale, con il consenso del suo Consiglio e dopo aver sentito i Visitatori, lo riterrà necessario.

§ 3. L’Assemblea generale deve essere preceduta dalle Assemblee provinciali.

S 88. § 1. Spetta al Superiore generale stabilire, con il consenso del suo Consiglio, quando e dove tenere l’Assemblea generale.

§ 2. Tuttavia, nel corso del sesto anno, per un giusto motivo, l’Assemblea generale potrà venire anticipata o differita di sei mesi rispetto al giorno d’inizio della precedente Assemblea generale ordinaria, mediante un decreto del Superiore generale con il consenso del suo Consiglio.

C 139. — All’Assemblea generale devono partecipare:

1° il Superiore generale, il Vicario e gli Assistenti generali, il Segretario generale, l’Economo generale e il Procuratore generale presso la Sede Apostolica;

2° i Visitatori e i deputati delle province, eletti a norma del diritto proprio.

S 89. § 1. Il Superiore generale, il Vicario generale e gli Assistenti generali, che terminano il loro mandato, rimangono membri dell’Assemblea nelle successive sessioni della medesima.

§ 2. Oltre coloro che, a norma delle Costituzioni, devono partecipare per ufficio all’Assemblea generale, sarà presente un deputato per ogni provincia e viceprovincia in rappresentanza dei primi cento confratelli che hanno voce attiva; se poi i confratelli che hanno voce attiva sono più di cento, vi sarà un altro deputato per ogni settantacinque e per la rimanente frazione di questo numero.

Il numero dei deputati all’Assemblea generale va calcolato in base al numero dei confratelli aventi voce attiva nel giorno dell’elezione dei deputati nell’Assemblea provinciale.

§ 3. Quando fosse vacante l’ufficio di Visitatore, va all’Assemblea generale colui che ha il governo temporaneo della provincia.

Se il Visitatore fosse legittimamente impedito di andare all’Assemblea generale, al suo posto va colui che lo sostituisce nell’ufficio. Se poi questi fosse stato eletto deputato, andrà all’Assemblea generale il primo sostituto.

S 90. § 1. Il Superiore generale con il suo Consiglio avrà cura che, nel caso in cui nessun Fratello risulti eletto per partecipare all’Assemblea generale, sia assicurata la presenza di fratelli in essa.

§ 2. Il Superiore generale con il suo Consiglio provvederà inoltre a risolvere quei casi, in cui sia impossibile una legittima elezione di delegati all’Assemblea generale, ma sia comunque importante la loro presenza in essa.

S 91. § 1. A tempo opportuno, prima della convocazione dell’Assemblea generale, il Superiore generale con il suo Consiglio, dopo aver sentito i Visitatori e tenendo conto delle diverse regioni e opere, nomina la commissione preparatoria.

§ 2. Pur lasciando al Superiore generale con il suo Consiglio piena libertà di ordinare i lavori della commissione preparatoria secondo criteri di opportunità, i compiti della medesima commissione potrebbero essere i seguenti:

1° chiedere alle province e ai singoli confratelli quali problemi, a loro parere, siano più urgenti, e con che metodo debbano essere trattati in Assemblea generale;

2° ricevute le risposte, scegliere, secondo le necessità, gli argomenti più urgenti e più generali, preparare studi e raccogliere le fonti, e mandare tutto ai Visitatori, in tempo utile, prima che si tengano le Assemblee domestiche;

3° ricevere le proposte o postulati delle Assemblee provinciali e gli studi elaborati dalle province, come anche i postulati che vorrà proporre il Superiore generale, dopo aver sentito il suo Consiglio;

4° disporre ordinatamente tutti i dati acquisiti e ricavarne un documento di lavoro, e spedire quindi il tutto tempestivamente in modo che i membri dell’Assemblea e i loro sostituti lo possano avere tra mano due mesi prima dell’inizio dell’Assemblea generale.

§ 3. Una volta iniziata l’Assemblea, il compito di questa commissione è esaurito. Tuttavia il suo presidente, personalmente o per mezzo di altri, se ciò sembrerà opportuno, farà una relazione sul lavoro della commissione.

C 140. — § 1. All’elezione del Superiore generale si procede in questo modo: se nel primo scrutinio nessuno avrà ottenuto due terzi dei voti, si procederà a un secondo scrutinio, con le stesse modalità seguite nel primo; se neppure nel secondo, allo stesso modo si tenterà un terzo scrutinio, e anche un quarto.

Dopo il quarto scrutinio inefficace, se ne farà un quinto, nel quale si richiede ed è sufficiente la maggioranza assoluta dei voti, non computando quelli nulli.

Dopo il quinto scrutinio inefficace, se ne farà un sesto, nel quale godranno di voce passiva soltanto i due candidati che nel quinto scrutinio avranno raccolto il maggior numero di voti, anche se a parità, a meno che non siano in più ad aver ottenuto parità al primo o al secondo posto: nel qual caso anche questi godranno di voce passiva nel sesto scrutinio, nel quale si richiede ed è sufficiente la maggioranza relativa dei voti, non computando quelli nulli; ed in caso di parità si riterrà eletto il candidato più anziano per vocazione o per età.

§ 2. Avvenuta legittimamente l’elezione, dopo che l’eletto avrà accettato l’ufficio, colui che presiede stenderà il decreto di elezione e a voce alta proclamerà l’eletto. Ma se fosse stato eletto Superiore generale colui che presiede, sarà il segretario dell’Assemblea a redigere il decreto e il moderatore proclamerà l’eletto.

§ 3. L’eletto poi non rifiuterà l’onere che gli viene affidato, se non per gravi motivi.

§ 4. Terminata l’elezione e rese grazie a Dio, le schede saranno distrutte.

§ 5. Se il neoeletto non fosse presente, lo si convochi e, fino al suo arrivo, l’Assemblea potrà trattare altri problemi della Congregazione.

S 92. § 1. Il giorno dell’elezione del Superiore generale, gli elettori offriranno a Dio la Messa per il buon risultato dell’elezione e, dopo una breve esortazione, all’ora stabilita, inizieranno la sessione sotto la direzione del presidente.

§ 2. Gli elettori scriveranno su schede appositamente preparate il nome di colui che vorranno eleggere Superiore generale.

§ 3. Se, al conteggio, risultasse che il numero delle schede è superiore a quello degli elettori, tutto si considera nullo, e si deve ripetere l’operazione di voto.

C 141. — Il Vicario generale viene eletto alle stesse condizioni del Superiore generale e nel modo prescritto nell’art. 140 § 1.

C 142. — § 1. Terminate le elezioni del Superiore generale e del Vicario generale, l’Assemblea generale procede all’elezione degli altri Assistenti, in scrutini distinti.

§ 2. Saranno ritenuti eletti coloro che avranno ottenuto la maggioranza assoluta dei voti, non computando quelli nulli; costoro saranno proclamati eletti dal presidente dell’Assemblea.

§ 3. Se nel primo e nel secondo scrutinio nessuno risulterà eletto, nel terzo scrutinio si riterrà eletto colui che avrà ottenuto la maggioranza relativa dei voti; e in caso di parità, il più anziano per vocazione o per età.

S 93. Il direttorio approvato da un’Assemblea rimane in vigore fino a che non sia mutato o abrogato da un’altra.

3. L’Assemblea provinciale

C 143. — Compito dell’Assemblea provinciale, quale adunanza di confratelli che come deputati rappresentano la Provincia, è il seguente:

1° emanare Norme per il bene comune della provincia entro i limiti del diritto universale e proprio; tali Norme acquistano forza obbligatoria dopo l’approvazione del Superiore generale con il consenso del suo Consiglio;

2° trattare, quale organo consultivo del Visitatore, ciò che può servire al bene della provincia;

3° trattare le proposte che, a nome della provincia, si devono trasmettere sia all’Assemblea generale, sia al Superiore generale;

4° eleggere i deputati per l’Assemblea generale, quando è il caso;

5° dare norme per le Assemblee domestiche, entro i limiti del diritto universale e proprio; tali norme non hanno bisogno dell’approvazione del Superiore generale.

S 94. Le Norme emanate dall’Assemblea provinciale sono regole generali che vanno applicate in tutti i casi contemplati dalle Norme stesse. Tuttavia tali Norme non toccano l’autorità del Visitatore, quale viene descritta dal diritto universale e proprio, né il suo potere esecutivo, necessario al compimento del suo ufficio. Rimangono in vigore fino a che non siano revocate da una successiva Assemblea provinciale o dal Superiore generale.

C 144. — § 1. L’Assemblea provinciale si deve tenere due volte in sei anni, una prima dell’Assemblea generale, l’altra nel tempo intermedio.

§ 2. Se necessario, il Visitatore, con il consenso del suo Consiglio e sentiti i Superiori locali, può convocare un’Assemblea provinciale straordinaria.

C 145. — Spetta al Visitatore convocare l’Assemblea provinciale e presiederla, dimettere i partecipanti con il consenso dell’Assemblea stessa, e promulgarne le Norme.

S 95. Spetta al Visitatore, sentito il suo Consiglio, fissare la data e designare la Casa in cui si deve tenere l’Assemblea provinciale.

S 96. Il Superiore generale renderà nota al Visitatore la sua decisione riguardante le Norme provinciali entro due mesi dalla data in cui le avrà ricevute.

C 146. — Devono partecipare all’Assemblea provinciale, se non è stato stabilito diversamente nelle Norme provinciali:

1° per ufficio: il Visitatore, i Consultori provinciali, l’Economo provinciale e i Superiori delle singole case della provincia;

2° inoltre, i deputati eletti a norma del diritto proprio.

S 97. Devono partecipare all’Assemblea provinciale, se non è stabilito diversamente nelle Norme provinciali, tanti deputati eletti entro un unico collegio provinciale, formato da tutti i confratelli che hanno voce passiva, quanti sono i deputati che devono partecipare per ufficio con l’aggiunta di un deputato ogni 25 confratelli che hanno voce attiva, e di uno per la rimanente frazione di questo numero.

S 98. Si ritengano eletti deputati coloro che, entro un unico collegio provinciale, hanno ottenuto il maggior numero di voti e, in caso di parità, i più anziani per vocazione o per età; altrettanti sono i sostituti, secondo la graduatoria dei voti riportati.

S 99. Se il Superiore di una casa, per qualche impedimento, non può recarsi all’Assemblea provinciale, in suo luogo andrà l’Assistente di casa. Se poi l’Assistente fosse già eletto deputato, lo sostituirà un altro dall’elenco dei sostituti.

S 100. L’Assemblea provinciale può proporre all’approvazione del Superiore generale, col consenso del suo Consiglio, un sistema proprio di rappresentanza all’Assemblea provinciale, a condizione però che il numero dei deputati eletti sia superiore al numero di coloro che devono parteciparvi per ufficio.

S 101. Spetta alle singole province darsi, durante l’Assemblea, proprie norme di procedura, ossia un Direttorio, entro i limiti del diritto universale e proprio.

S 102. L’Assemblea procede all’elezione dei deputati e dei sostituti all’Assemblea generale in scrutini distinti, a maggioranza assoluta di voti. Se nel primo e nel secondo scrutinio nessuno risulterà eletto, nel terzo si riterrà eletto colui che avrà riportato il maggior numero di voti e, in caso di parità, il più anziano per vocazione o per età.

4. L’Assemblea domestica

C 147. — § 1. L’Assemblea domestica viene convocata dal Superiore della casa o dall’Assistente che esercita pienamente l’ufficio di Superiore, e si tiene in relazione all’Assemblea provinciale.

§ 2. All’Assemblea domestica devono essere convocati tutti coloro che hanno voce attiva.

§ 3. è compito dell’Assemblea domestica trattare di quelle proposte che la casa intende presentare all’Assemblea provinciale, come pure di quelle che la commissione preparatoria dell’Assemblea provinciale ha presentato da discutere, e deliberare circa le proposte stesse.

Sezione II. — I BENI TEMPORALI

C 148. — § 1. La Congregazione della Missione possiede beni temporali per le esigenze dell’attività pastorale e della vita comunitaria; di essi si serve come mezzi per il servizio di Dio e dei poveri, secondo lo spirito e l’esempio del Fondatore; li amministra come patrimonio dei poveri, con oculatezza, ma senza la preoccupazione di accumulare ricchezze.

§ 2. La Congregazione della Missione abbraccia una forma comunitaria di povertà evangelica per il fatto che tutti i beni della Congregazione sono comuni, e la Congregazione ne usa per meglio ricercare e raggiungere il fine che le è proprio.

S 103. La Congregazione rifletta assiduamente su questi principi, li accolga di cuore e li metta in pratica con fiducia e coraggio:

1° lo sforzo concorde per instaurare quella sobrietà di vita che, con la forza dell’esempio, più che con le parole, nel nome della povertà di Cristo, si oppone alla cupidigia che scaturisce dalla società dell’opulenza e alla bramosia delle ricchezze, che manda in rovina quasi tutto il mondo (cf. RC III, 1);

2° preoccupazione effettiva di impiegare i propri beni per promuovere la giustizia sociale;

3° l’alienazione dei beni, quando siano superflui, a favore dei poveri.

C 149. — Poiché tutti i beni sono comuni, i confratelli sono corresponsabili, a norma del diritto, dell’acquisto, amministrazione e destinazione dei beni temporali della casa e della provincia alle quali essi appartengono; fatte le debite proporzioni, il principio vale anche riguardo ai beni di tutta la Congregazione.

C 150. — § 1. Le case, le comunità locali, le province e la Congregazione stessa hanno capacità giuridica di acquistare, possedere, amministrare e alienare beni temporali. Qualora le circostanze lo richiedano, i loro Superiori sono i rappresentanti legali anche davanti all’autorità civile, a meno che non sia disposto altrimenti.

§ 2. Fonti da cui provengono i beni temporali sono il lavoro dei confratelli e gli altri mezzi leciti per acquistare beni.

C 151. — In forza del principio del bene comune, le case devono venire in aiuto delle province in tutto ciò che è necessario alla buona amministrazione, e per provvedere alle necessità generali; lo stesso vale per le province nei confronti della Curia generalizia.

S 104. Tenendo presente il principio di equità, il Superiore generale, con il consenso del suo Consiglio, ha il diritto di fissare una tassa per le province; lo stesso può fare il Visitatore, con il consenso del suo Consiglio, per le case della provincia.

C 152. — § 1. Le province e le case condividano le une con le altre i beni temporali, in modo che quelle che hanno maggiore disponibilità vengano in aiuto di quelle che si trovano in strettezze.

§ 2. La Congregazione, le province e le case provvedano volentieri con i loro beni alle necessità altrui e al sostentamento dei poveri.

C 153. — § 1. I confratelli che ne hanno ricevuto l’incarico, amministrino i beni temporali per provvedere al conveniente sostentamento dei confratelli e per fornire mezzi adeguati al loro ministero apostolico e alle opere di carità.

§ 2. I beni della comunità devono essere amministrati dai rispettivi Economi sotto la vigile direzione dei Superiori con i loro Consigli, nei limiti del diritto universale e proprio e nel rispetto del principio di sussidiarietà.

S 105. Si devono amministrare sotto la vigilanza dei Superiori e dei loro Consigli i beni affidati alla Congregazione soltanto in amministrazione.

S 106. § 1. Gli Economi devono rendere conto ai Superiori, e tenere informati i confratelli della loro amministrazione.

§ 2. I registri delle entrate e delle uscite e la relazione sullo stato patrimoniale dovranno essere esaminati dal Superiore generale con il suo Consiglio una volta all’anno per quanto riguarda l’Economo generale; dal Visitatore col suo Consiglio due volte all’anno per quanto riguarda l’Economo provinciale; dal Superiore locale ogni mese per quanto riguarda l’Economo di casa. I registri e la relazione saranno firmati soltanto se risulteranno esatti.

§ 3. I confratelli che hanno l’amministrazione di opere particolari, tanto di una provincia quanto di una casa, presenteranno i registri delle entrate e delle uscite ai loro rispettivi Superiori, alle scadenze e nei modi stabiliti dalle Norme provinciali.

§ 4. Se invece i beni non sono proprietà della Congregazione, ma sono stati affidati in amministrazione, i loro registri si devono presentare sia ai loro proprietari sia ai Superiori della Congregazione.

§ 5. L’Economo generale presenti una relazione generale della sua Amministrazione: ai Visitatori alla fine di ogni anno; ogni sei anni all’Assemblea generale.

§ 6. I Visitatori, per le loro province, manderanno un resoconto al Superiore generale alla fine dell’anno.

§ 7. Gli Economi provinciali presentino ai confratelli della provincia una relazione generale della loro amministrazione e del patrimonio della provincia, secondo quanto prescrivono le Norme provinciali.

C 154. — § 1. Ricordino gli amministratori che essi sono soltanto dispensatori dei beni della comunità; li impieghino pertanto solo per scopi corrispondenti alla condizione dei missionari; e si comportino in ogni caso secondo le leggi civili giuste, e secondo le norme e lo spirito della Congregazione.

§ 2. Gli amministratori provvedano volentieri alle necessità dei confratelli in tutto ciò che riguarda la loro vita, il loro particolare ufficio e il lavoro apostolico. Un tale uso dei beni, infatti, è stimolo per i confratelli a prendersi cura del bene dei poveri e a condurre una vita veramente fraterna.

§ 3. Gli stessi amministratori, inoltre, si comportino con equità nella distribuzione dei beni, dovendo promuovere la vita comunitaria tra i confratelli; provvedano alle loro necessità personali secondo le Norme stabilite dall’Assemblea provinciale.

S 107. Tutti gli amministratori, tanto i Superiori quanto gli Economi, non possono compiere atti amministrativi in nome della Congregazione, se non entro i limiti del loro ufficio e a norma del diritto. Perciò la Congregazione, la provincia e le case devono rispondere soltanto degli atti amministrativi compiuti in conformità alle suddette norme; degli altri risponderanno coloro che avranno posto atti illeciti o invalidi. Tuttavia se una persona giuridica della Congregazione avesse contratto, sia pure con il permesso, debiti o obbligazioni, ne dovrà rispondere con i propri mezzi.

C 155. — Per la validità dell’alienazione, e di qualsiasi altra operazione da cui la situazione patrimoniale della persona giuridica potrebbe subire danno, si richiede il permesso scritto rilasciato dal Superiore competente con il consenso del suo Consiglio. Se però si tratta di operazione che supera la somma fissata dalla Sede Apostolica per le singole regioni, come pure di donazioni votive fatte alla chiesa, o di cose preziose per valore artistico o storico, si richiede anche il permesso della stessa Sede Apostolica.

S 108. § 1. L’Assemblea generale può fissare una somma, oltre la quale il Superiore generale non può fare spese straordinarie.

§ 2. I Visitatori possono fare spese secondo le Norme fissate dall’Assemblea provinciale.

§ 3. I Superiori locali possono fare spese entro i limiti stabiliti dalle Norme provinciali.

S 109. I Superiori non permettano che si contraggano debiti, se non consti con certezza che si possono pagare gli interessi passivi del capitale con le entrate ordinarie, e che si possa restituire, entro il tempo previsto, la somma presa a prestito, attraverso il riscatto legale delle rate annue.

S 110. § 1. Si osservino scrupolosamente le norme di legge sul lavoro, sulle assicurazioni e sulla giustizia, nei confronti delle persone che lavorano nelle case e nelle opere della Congregazione.

§ 2. I Superiori siano oltremodo cauti nell’accettare pie fondazioni che impongono obblighi a lunga scadenza. Non si accettino oneri perpetui.

§ 3. Non si facciano donazioni con i beni della comunità, se non a norma delle Costituzioni e degli Statuti.

§ 4. Quando si accettano beni destinati per testamento o per donazione alla Congregazione, alla provincia o alla casa, si rispetti la volontà del donante circa la loro proprietà e il loro uso.

§ 5. Si provveda all’assicurazione sociale dei confratelli a cura della Congregazione o del Vescovo o di altri per i quali essi prestano il loro servizio. Inoltre le case, le province e la stessa Curia generalizia sottoscrivano assicurazioni convenienti contro pericoli di vario tipo.

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